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Archive for Maggio 2012

Il progetto di Mario Riso, celebre batterista di band come Movida e Royal Air Force e ambasciatore Amref, continua a girare in tutto il paese. Più di cento gli artisti che vi hanno preso parte e la macchina instancabile che è stata messa in moto ormai da qualche anno non accenna a fermarsi, racimolando pubblico e affezionati legati non solo alla musica ma anche alla causa che sta dietro il nome Rezophonic: la costruzione di pozzi d’acqua in Africa, con un rilevante numero di obiettivi già raggiunti in questi ultimi anni.

Al circolo Arci Voodoo di San Giuseppe, piccola frazione del comacchiese, nonostante il periodo piuttosto nero per la provincia di Ferrara a seguito degli eventi sismici che non accennano a placarsi, la gente è accorsa numerosa. Il carrozzone ha portato sul palco, come sempre, una lunghissima lista di artisti più o meno noti della scena alternativa italiana, che trovate indicati in fondo a questo articolo.
Concentrandosi sull’aspetto musicale si può parlare di una serata carica fin dai primi momenti, con il set di un’ora in apertura dei Rock From The Girl, cover band con una potentissima e precisissima frontwoman che oltre a coinvolgere il pubblico è riuscita anche ad interpretare canzoni storicamente “maschili” come Helter Skelter, Toxicity dei System of a Down e l’immancabile Sweet Child O’ Mine dei Guns. Anche i musicisti, soprattutto il batterista, evidentemente molto conosciuto ed apprezzato in zona, hanno dato prova di una performance di tutto rispetto, complice anche l’ovvia conoscenza da parte di tutti i presenti del repertorio eseguito.
Verso mezzanotte inizia il set dei Rezophonic che porterà un clima d’amicizia e di festa al Voodoo per ben due ore. Presentato da Elena di Cioccio e Alteria, lo spettacolo ha visto per quasi tutto il tempo (salvo un pezzo eseguito dai Bastard Sons of Dioniso al completo) Mario Riso alla batteria e Marco “Garrincha” Castellani al basso, mentre tutti gli artisti musicisti si ruotavano sul palco. Si citano soprattutto un eccentrico KG Man dei Quartiere Coffee, Cristina Scabbia, Olly, Max Zanotti (ex Deasonika), tutti i Movida, Sasha Torrisi (ex Timoria), Pier Ferrantini dei Velvet e Eva Poles (attualmente EVA, ex Prozac +). Le canzoni più famose dei Rezophonic sono state eseguite con un livello strumentale veramente notevole, complicità la grande professionalità e tecnica di quasi tutti i musicisti coinvolti. Da segnalare “Ci Vuole Un Fiore”, “Spasimo”, “Can You Hear Me?” e “L’Uomo di Plastica”. Molto meglio live che su disco anche i nuovi singoli “Regina Veleno” e “Sono Un Acrobata”. Tra le cover a scatenare il pubblico particolarmente sono soprattutto la storica “Acido Acida” dei Prozac + e, ovviamente, “Blitzkrieg Bop” dei Ramones (stralciata dalla scaletta, invece, “God Save The Queen” dei Sex Pistols). Potente e commovente, come sempre, “Senza Vento” dei Timoria, con un Torrisi veramente molto abile nel raggiungere ancora la qualità dell’originale di Renga.

Il progetto, giustamente, continua a riscuotere successo e interesse. Le esibizioni sono divertenti, simpatiche e molto coinvolgenti, grazie all’idea di far “presentare” il concerto e le interazioni continue tra musicisti e pubblico. La gentilezza di molti dei componenti, abili a giocarsi il pubblico sopra e sotto il palco, prima e dopo il concerto, fa il resto. Tra le partite di calcetto di Mario Riso e le torte per il festeggiamento del compleanno del tour manager dei Rezophonic offerte anche al pubblico, lo spettacolo si è fatto anche fuori.
Rezophonic è un collettivo di musicisti che ci mettono il cuore per suonare, divertirsi e divertire, collegando tutto questo ad una causa socialmente utile con un altruismo veramente degno di nota. The Webzine seguirà ancora questo progetto, potete scommetterci.

Video di Tittigru

REZOPHONIC PRESENTI:
MARIO RISO (Rock TV e Ambasciatore AMREF)
CRISTINA SCABBIA (Lacuna Coil)
NOYSE (Punkreas)
EVA POLES (Prozac+)
ELENA DI CIOCCIO (dalla trasmissione di Italia 1 “LE IENE”)
PIER FERRANTINI (Velvet)
OLLY (Shandon – The Fire)
MARCO “GARRINCHA” CASTELLANI (Le Vibrazioni – Octopus)
THE BASTARD SONS OF DIONISO
MOVIDA
KG MAN (Quartiere Coffee)
MAX ZANOTTI (Deasonika)
SASHA TORRISI (Timoria)
ALTERIA (Rock Tv – NoMoreSpeech)

Prossime date del tour:
01.06 – Notte Verde 2012, Rovereto (TN)
23.06 – Alghero (SS)
29.06 – Gorgo Al Monticano (TV)
07.07 – Forest Summer Fest, Foresto Sparso (BG)
11.07 – Bagnolo in Beer, Bagnolo in Piano (RE)
13.07 – Carroponte, Sesto San Giovanni (MI) – con Caparezza
14.07 – Sea Legend, Pozzuoli (NA)
20.07 – Artifusione, Lariano (RM)
21.07 – Festival Este 2012, Este (PD)
28.07 – Birrando, Larciano (PT)
13.08 – Monterotaro Rock Festival, Casalnuovo Monterotaro (FG)
24.08 – Frogstock Festival, Riolo Terme (RA)

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Fotoreport a cura di Eleonora Verri




FEDERICO FIUMANI e DIAFRAMMA TOUR 2012
01.06.2012 – Federico Fiumani ospite dei Litfiba con Maroccolo e Aiazzi @ Stadio Franchi, Firenze
02.06.2012 – Diaframma @ Epicentro Festival, Agliana (PT)
06.06.2012 – Diaframma @ Piazza Verdi, Bologna
17.06.2012 – Diaframma @ Angelo Mai, Roma
22.06.2012 – Diaframma @ Bagnacciuga, Fano (PU)
28.06.2012 – Diaframma @ Bevi e Godi Festival, Sorbolo (PR)
30.06.2012 – Diaframma @ Youthless Club, Rieti
07.07.2012 – Diaframma @ Babylon Disco Club, San Severo (FG)
08.07.2012 – Diaframma @ L’Ars Rock Fest, Chiusi (SI)
13.07.2012 – Diaframma @ Festa Democratica, Poggibonsi (SI)
14.07.2012 – Diaframma @ V Ludovico Van Festival, Montemiletto (AV)
27.07.2012 – Diaframma @ Farci Sentire Festival, Scisciano (NA)
28.07.2012 – Diaframma @ Pian di Lavaggio, Framura (SP)
07.08.2012 – Diaframma @ Gargano Indies Summer Festival, Vieste (FG)
08.08.2012 – Diaframma @ Lecce Camping, Lecce
18.08.2012 – Diaframma @ Carroponte, Sesto San Giovanni (MI)

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Recensione a cura di MARCO BERGAMI
ETICHETTA: GB Sound
GENERE: Electro-mechanical rock

TRACKLIST:
1. Business Television
2. You Made My Shitlist
3. Dirt
4. The Last Man On Earth
5. No Evil
6. Brand New World
7. Evolution Machine
8. Mumbling My Time
9. Mother Earth

Rock elettromeccanico per orecchie e menti inquiete

I Mallory Switch non potevano qualificare in modo migliore la loro musica, che rappresenta un forte reagente nei confronti dell’irrequieta necessità di adrenalina che occorre a molte menti ed orecchie inquiete.
Ispirati dalla loro donna cyborg MALLORY, che impersonifica e materializza le caratteristiche proprie del sound e look di questo trio, i Mallory Switch arricchiscono il panorama elettro-industrial, con un full-length di elevato valore artistico.
Così come la loro musa ispiratrice, anche Mallory mantiene le peculiarità che caratterizzano un corpo bionico, e cioè il forte connubio tra il lato umano dell’elegante e purissima voce di Audrey Lynch ed il lato meccanico delle parti strumentali molto sintetiche e dense.
Come per i precedenti EP Mallory Switch del 2007 e Freeek! del 2009, anche Mallory mantiene, alla base, atmosfere scure ed ovattate quasi darkeggianti le quali vengono fuse con la vivacità della cadenzata base ritmica e la freschezza delle acclimatate campionature e tappeti synthetici.
Se volessi associare la loro musica a qualcosa di già sentito e sperimentato, legherei lo style dei Mallory Switch al sound e liriche di bands quali Stereolab e Garbage, ma anche ad alcuni trascorsi legati ai Nine Inch Nails e Depeche Mode.
Il platter parla subito chiaro e senza fraintendimenti, aprendo con una traccia acusticamente molto densa e satura, mettendo in mano all’ascoltatore tutte le componenti che caratterizzano il full-length. Businnes Television carica furiosamente l’ambiente che lo circonda, imponendosi con ritmiche serrate ed alleggerite con l’alternanza di rhythm guitar dal suono arioso e carico d’ossigeno unito alla distorsione di un synth fresco ma dal retrogusto lievemente retò.
La cavalcata prosegue sulle note di You Made My Shitlist, Dirt e The Last Man On Earth, tracce caratterizzate da una maggiore semplicità compositiva, snellendo le linee melodiche e portando lo spessore qualitativo ad un diverso livello. Ottima la presenza di Zach Maier che impera su tutti trascinando la trasudante carica emotiva, pompando come un forsennato, tirando come una locomotiva fumante il resto della band. Le linee melodiche di Audrey Lynch alternano limpidi vocalizzi a sequenze quasi parlate, regalandosi un’importante collaborazione in The Last Man On Earth con un noto rapper Newyorchese -Beans- che incuriosisce e attrae decisamente l’attenzione.
I sapori cambiano decisamente con l’ingresso di No Evil e Mumbling My Time, strutturalmente molto simili, che riportano lo standard qualitativo ai livelli di contorsione e spessore culturale che continuerà ad alimentare le orecchie e le menti inquiete.
Evolution Machine non ha rivali, è decisamente la migliore traccia di tutto l’album, soprattutto nella parte centrale dove esplode in un imperioso e maestoso riff mai calante, concatenato e legato con grande gusto, il tutto arricchito da una splendida interpretazione di Audrey.
Mother Earth chiude Mallory con la saggezza e l’eleganza di chi musica la sa fare veramente, mostrando malinconia e spleen, suonando il brano depurandolo dalla linea sintetica di synth e keyboard, suonando introducendo fonemi più acustici.
Il trio ha veramente delle doti, puri e puliti in ogni passaggio, trascinanti ed emotivi lungo tutto il platter, l’innovazione è una caratteristica carente in molte band ultimamente, ma si rivelerà un album longevo che otterrà il suo discreto successo.

Gustatevi questi Mallory Switch, non vi deluderanno.

ALTRI ARTICOLI
Recensione a cura di Emanuele Brizzante disponibile qui 

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Parte oggi il tour estivo di J AX, che lo porterà in quasi tutte le regioni italiane con il suo MEGLIO LIVE TOUR 2012.
Ecco il video del nuovo singolo, BRILLO (MA DA LUCIDO), più sotto le date.

26.05 CIRCOLO FUORI ORARIO, Reggio Emilia
01.06 NUVOLARI IN PIAZZA, Cuneo
03.06 MEETING DEL MARE, Marina di Camerota (SA)
12.06 CARROPONTE, Sesto San Giovanni (MI)
16.06 MAMAMIA FESTIVAL ESTATE ’12, Senigallia (AN)
30.06 VILLA BELLINI, Catania
05.07 FESTA DELLA BIRRA, Pontenure (PC)
11.07 ROCK IN ROMA, Roma
13.07 PORTO ANTICO, Genova
14.07 NEVEREND FEST, Aosta
18.07 FIERA DI BERGAMO, Bergamo
19.07 GRU VILLAGE, Grugliasco (TO)
27.07 AUTODROMO ENZO FERRARI, Imola (BO)
03.08 STROZZA MUSIC FEST, Perugia
05.08 PIAZZA LIBERTINI, Lecce
31.08 ARENA SANT’ELIA, Cagliari

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Onstage Summer Festival: 
a Monselice 4 giorni di musica (gratuita)
Con PINO SCOTTO, RUMATERA, HERMAN MEDRANO, CHUMA CHUMS
e le migliori band emergenti del Veneto

ONSTAGE SUMMER FESTIVAL
6 giugno – Caruso Live Contest
7 giugno – Rumatera + Agees è Gli Sportivi
8 giugno – Pino Scotto + Vault 13 + Uncledog
9 giugno – Herman Medrano and The Groovy Monkeys + Chuma Chums
Parco Onstage – Ex Cartodromo, Monselice
E’ quello che ci vuole contro la crisi: un bel po’ di buon rock e di voglia di stare di insieme, ancora meglio se gratis.
Dal 6 al 9 giugno, presso il Parco Onstage, all’ex Cartodromo di Monselice, torna la musica ed il divertimento targato Onstage Summer Festival, ossia 4 serate di rock con Pino Scotto, Rumatera, Herman Medrano, Uncledog, Vault 13, Agees e molte altre band emergenti del panorama rock veneto.
A fare da contorno il rinnovato Parco Onstage, che ospiterà nel verde il palco ed  uno stand gastronomico.
Si parte il 6 giugno, alle 21, dando spazio a Shuffle Leaves (rock ’70), Cometale (rock), Fullout (crossover) e Not Yet Fallen (metalcore), ossia i gruppi, tutti padovani, che si sono meglio contraddistinti nel corso del Caruso Live Contest 2012, evento che richiama nel rinomato palco del locale di Papozze (RO) band da tutto il Nord-Est, con un occhio di riguardo per i talenti emergenti.
Giovedì 7 andrà in scena, dalle 21,30, il punk rock demenziale dei Rumatera. Il gruppo veneziano, ormai vero e proprio fenomeno nazionale, ha appena pubblicato il nuovo album Xente Molesta e quello di Monselice sarà uno dei primi live del tour estivo. Il concerto dei Rumatera sarà aperto dagli Agees e dall’elettro pop de Gli Sportivi; i primi sono una promettente realtà di Monselice, i secondi il curioso risultato di una esplosiva commistione tra suoni indie rock ed elettro ed un travolgente spirito demenziale.
Venerdì 8 l’appuntamento per quelli che hanno le arterie abituate ai suoni senza compromessi: arriva Pino Scotto, il sacerdote dell’hard rock italiano, che nel 2012 ha pubblicato un nuovo album e che salirà sul palco con la consueta voglia di scuotere timpani e coscienze.
Ad aprire la serata Vault 13 e Uncledog, band venete che annoverano già una esperienza internazionale ed alcune uscite discografiche di rilievo.
Sabato, sempre alle 21,30 un live esplosivo, con la doppia esibizione del reggae bongo bass deiChuma Chums e l’hip hop demenziale di Herman Medran and The Groovy Monkeys, una straordinaria accoppiata a base di ritmo e risate.
L’Onstage Summer Festival è una manifestazione patrocinata e supportata dal Comune di Monselice.
Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito.

Per informazioni http://www.musiconstage.eu/
Tel. 3930360437

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Il Grande Nazione Tour 2012 nella sua tappa trevigiana fotografato per noi da LaMyrtha




Le altre date del tour 2012. In grassetto quelle ancora da fare. Sottolineate le date rinviate che saranno recuperate più avanti.
02.03 Nelson Mandela Forum, Firenze
06.03 Mediolanum Forum, Assago (MI)
10.03 Palalottomatica, Roma
13.04 Palaverde, Villorba (TV)
14.04 105 Stadium, Rimini
17.04 105 Stadium, Genova
20.04 TORINO
21.04 BOLOGNA
26.04 NAPOLI
28.04 ACIREALE (CT)
01.05 Arena di Verona, Verona
01.06 Stadio Artemio Franchi, Firenze
24.07 Piazza Duomo, Brescia
28.07 Ippodromo della Capannelle, Roma

http://www.litfiba.net 

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Recensione a cura di Andrea Marigo
ETICHETTA:  Sub Pop
GENERE: Dream pop

TRACKLIST:
1. Myth
2. Wild
3. Lazuli
4. Other People
5. The Hours
6. Troublemaker
7. New Year
8. Wishes
9. On The Sea
10. Irene

Voto: 3.5/5

Cʼera unʼaria insolita, sapevo che non era quella di casa, avevo sempre le mie scarpe è vero, ma lo sfondo era diverso.
Cʼera il mare, la sabbia, le persone con lo skateboard che si vedevano tramonti dalla spiaggia.
Era un posto con gente normale e gente strana, forse i più pazzi erano lì, ma sembravano non curanti del loro aspetto allucinato ed insolito. Cera chi maneggiava la chitarra, chi disegnava a terra, chi sparava bolle, chi fumava, chi beveva, chi rideva.
Dopo aver posato un bicchiere da party, chiesi alla ragazza che mi ritrovai di fronte come si chiamasse quel posto, ma lei rispose prendendomi per mano, ridendo.
Lei a tratti ballava con le spalle e con la testa, ed era vero che cʼera una musica che suonava da ore.
Mi guardai attorno per capire da dove potesse venire ma non ci riuscii, potevo solo farmi guidare dalla ragazza che mi portò poco distante: luci, colori, clown, zucchero filato, tiro a segno, ruota panoramica.
Salimmo nella ruota ed era tutto pazzesco: la ragazza che mi aveva portato lì, il cielo sopra, quello che cʼera intorno a noi.
E quella musica continuava ad uscire da non si sa dove, quella musica che era la miglior melodia che si potesse trovare in quellʼ atmosfera intrisa di sogno, dove tutto infondo era perfetto.
Allʼimprovviso la ragazza indicò verso terra, un uomo e una donna stesi, giravano su se stessi e suonavano creando quel suono.
La ragazza disse due nomi: Alex Scally, Victoria Legrand.
Maestri nel creare unʼatmosfera che non esiste, se non dallʼaltra parte del mondo rispetto a dove stai tu: irreale, forse a tratti ripetitiva, quasi banale per semplicità ma allo stesso tempo rara, come i sogni.

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Il tour primaverile de I CANI è finito ed è ora di quello estivo, ultima occasione prima di una lunga pausa per comporre e registrare il nuovo disco.
Ecco le date:

15.06 FESTA D’ESTATE, Vascon (TV)
29.06 BEVI E GODI FESTIVAL, Sorbolo (PR)
07.07 ARRIVERANNO PRESTO/SUPERSANTO’S, Roma (con Criminal Jokers, Colapesce, Mamavegas, ecc.)
08.07 REALITY BITES FESTIVAL, Fucecchio (FI)
13.07 BOLOGNETTI ON THE ROCKS, Bologna
21.07 ROCK PLANET, Pinarella di Cervia (RA)
27.07 MAGNOLIA, Segrate (MI)
28.07 FESTA DELLA BIRRA, Montecosaro (MC)
05.08 FILAGOSTO 2012, Filago (BG)
08.08 SZIGET FESTIVAL, Budapest (UNGHERIA)
25.08 ARITMIA MEDITERRANEA, Molfetta (BA)

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Peter Hammill, fondatore dei Van Der Graaf Generator, è ritornato di recente in Italia in tre tappe che sono state seguite, recensite e documentate dal nostro collaboratore Claudio Milano.
Le date sono state:
10 maggio 2012 – TEATRO MIELA, Trieste
11 maggio 2012 – TEATRO ASTRA, Schio (VI)
13 maggio 2012 – LA SALUMERIA DELLA MUSICA, Milano

Ecco le setlists:
TRIESTE
The Siren Song
Too Many of my Yesterdays

Just Good Friends
Bravest Face
Time Heals
Comfortable
Shingle Song
Central Hotel
Stumbled
Amnesiac
Patient
Faculty X
The Mercy
A Better Time
A Run of Luck
Traintime
Encore: Modern

SCHIO
The Comet, The Course, The Tail
If I Could
Driven
Sitting Targets
Been Alone So Long
Last Frame
Easy to Slip AwayThe Unconscious Life
Close to Me
Losing Faith in Words
Undone
Slender Threads
The Habit of the Broken Hearts
– On Tuesdays She Used To Do – Yoga
A Run of Luck
Stranger Still
Encore: Ophelia

MILANO
My Room – Waiting for Wonderland
That Wasn’t What I Said
Autumn
Meanwhile My Mother
Your Time Starts Now
Vision
Last Frame
The Birds
Stumbled
Afterwards
Modern
– This Side Of – Looking Glass
Bravest Face
The Mercy
A Run Of Luck
Still Life
Encore: House With No Door

Dalla “Terra Incognita”, il cantore delle stelle e dei vuoti interiori e il suo tour italiano

Le canzoni per me sono solo un pretesto, un vestito attorno all’emozione che raccolgo dall’aria e porto alla gente. Io sento quello di cui chi mi ascolta ha bisogno in un certo momento e suono quell’emozione, nessuna mia interpretazione sarà mai uguale all’altra”.

A cena, dopo il concerto di Trieste, queste le parole di un Peter Hammill intento a consumare a fatica mezza cotoletta con una foglia d’insalata.

Un uomo di un’eleganza e una cordialità estranee ad un paese chiassoso come il nostro che pure la sua musica ha amato più di qualsiasi altro, perchè teatrale, altamente manifestata, come in un “nostro” rito cristiano e pagano al contempo, tra donne urlatrici ma pie, dal viso coperto con un velo nero, mentre i fiori dispensano un tripudio di colori e il sole incendia il bianco delle case.

Perennemente sospeso tra una vitalità estrema e il senso di morte, il dramma nell’accezione più arcaica del termine e la grazia, Hammill, ha voluto dedicare all’Italia tre date davvero speciali per presentare il suo nuovo album Consequences, qui recensito poco tempo fa.

Una forma vocale eccezionale, capace di abissi sempre più terrifici con gli anni e vette ora urlate, ora appena sussurrate in un sofferto falsettone rinforzato da contraltista di formazione gesuita, quale è stato, che traghetta in una frazione di secondo al boato in voce piena.

L’immagine che resta è quella di un corpo esile che si contorce in continui spasmi su una chitarra e un pianoforte strazia(n)ti. Un uomo che non ha bisogno di vestirsi in un modo particolare (una lunga camicia bianca e un pantalone di tuta nera per tutte e tre le date) e che può permettersi anche indifferenza nei riguardi della perfezione esecutiva, relegandola come lui dice “ai cultori della musica classica”. Un’artista che non ha necessità di risultare presente sul palco in altro modo che non sia la messa in scena di sé, di ciò che gli è dato nel momento, con un’autenticità che non ha termini di paragone passati e presenti, ma moltissimi epigoni, dichiarati e non.

Tre date differenti, più misurata quella di Trieste, inventiva e a suo modo “perfetta” nel dispensare emozione senza riserve e accuratezza esecutiva quella di Schio, estremamente passionale quella milanese.

Il Teatro Miela a Trieste è gremito e l’organizzazione di Davide Casali e Musica Libera ineccepibile. Eccellente l’audio, pianoforte Yamaha gran coda, chitarra acustica, graditissima la presenza del Peter Hammill & Van Der Graaf Generator Study Group, uno dei massimi organi di studio mondiali della musica del cantore inglese.

L’inizio è dei migliori con una The Siren Song cantata con fervore e nitidezza vocale, il suono della voce tenuto alto sul palato e “di testa” con una risonanza, un pathos e un controllo di dinamiche che letteralmente “scuote” il pubblico dalle poltrone. I migliori episodi della serata sono le esecuzioni di Bravest Face, dal nuovo album, di gran lunga più apprezzabile dal vivo e di A Better Time, qui proposta in una versione inedita, sommessa, fino all’esplosione in un liberatorio, lungo acuto finale. Quando a cena gli chiedo del perchè di una performance così differente da quella in studio e dai live precedenti che mi sono passati tra le mani, Hammill, sicuro, risponde “quando ho scritto il pezzo era importante comunicare alla gente che non c’era alcun migliore momento per svegliarsi alla propria vita e il brano era un inno, oggi… ogni periodo storico merita di essere cantato in modo diverso”. I primi secondi di Shingle Song, cantati a cappella, sono da pelle d’oca. Ancora una volta, la performance di Patience, mostra come questo sia il brano che per quanto tecnicamente tra i più impegnativi, l’interprete inglese sa affrontare con una sicurezza senza riserve e grande resa emotiva, un capolavoro di classe compositiva e partecipazione interpretativa che merita l’entusiasmo del pubblico.

Da un concerto bellissimo a Trieste ad uno meraviglioso a Schio.

A rendere peculiare la data, felicemente organizzata dall’associazione ‘Schiolife’ e Claudio Canova, la scelta di esibirsi inizialmente alla chitarra e, poi, al piano – un insolito Yamaha digitale – attraverso una formula inconsueta con ben 4 set diversi: chitarra – piano- chitarra e pianoforte ancora, un inedito nella storia delle esibizioni di questo artista. Poi, la dedica introduttiva a Driven e Sitting targets: scelte per ‘il paese della macchina’. Schio, appunto. Dove nel 1892 viene acquistata – da Gaetano Rossi – la prima autovettura italiana.

Ma ancora… Levitas. Ecco come meglio qualificare l’approccio di Hammill al palcoscenico di Schio, Teatro Astra. Anche a fronte delle liriche più ‘pesanti’. Si veda la divertita spiegazione a corollario dei (drammatici) versi di Close to me. “Non sono io in pericolo” – afferma PH – riferendosi, sorridendo, al testo. Non tutto è autobiografico, aggiunge, in italiano: “Io scrivo delle storie”. E subito – mettendo(ci) in guardia dal rischio, costante, dell’equivoco, dell’incomprensione – si lancia in una indimenticabileLosing faith in words, gemma assoluta del concerto. La fonte: A Black box, 1980. L’album che ogni seguace di Tom Yorke “dovrebbe” accostare. Il concerto ha inizio con una Comet, magica come non mai, al piano apre invece una splendida Easy to slip away dal primo vero disco solista del 1973. Magie anche nel secondo set di chitarra:Slender Threads e Yoga con Been alone so long e la inattesa accoppiata Last Frame eThe habit of the broken heart, pescate dall’ultimo album dei “vecchi” Van der Graaf.

Un’altra sorpresa il secondo set di piano con la splendida A run of luck prima della conclusiva Stranger Still, sussurrata, con il finale – “a stranger, a wordly man”– rivolto al pubblico, intonato senza microfono.

La sobria, concisa eleganza nei gesti, la sicurezza esecutiva – rade le imperfezioni, pure pensando al recente passato – ed i frequenti sorrisi – incluso il consueto saluto: “grazie per la sera” – hanno catturato per cento minuti gli oltre duecento presenti. Sino all’ovazione finale. Con Hammill – sfinito – indotto a scusarsi per la mancata concessione di un secondo bis, richiesto a gran voce, dopo Ophelia, alla chitarra, con un pathos in più. Difficile esprimere giudizi diversi dal superlativo. Hammill a Schio ha confermato la grande forma vocale ma ha aggiunto una cura nella esecuzione strumentale in un concerto bellissimo, con una scelta di brani assolutamente inedita e dilatata in un passato importante quanto in un presente rappresentato con grande urgenza interpretativa.

Pausa di un giorno e poi Milano, la Salumeria della Musica. Tra i pochi templi della musica ormai sopravvissuti in una città che “era”, anche, culla culturale e che ora è divenuta sintesi della nevrotica sopravvivenza, di chi “fa” e non sa perché.

Un club ben più raccolto rispetto alle precedenti location, cosa che consente di accogliere e amplificare (grazie anche ad un’eccellente regia audio) ogni minima sfumatura interpretativa della voce di questo cantore delle stelle e dei vuoti interiori, qui spesso condotta a un drammatico canto gutturale con prolungati kargyraa che manifestano con cupa chiarezza il valore espressionista delle “canzoni”. Il tema della serata, dirà Hammill è “Il passato e il presente” e su tale assunto è organizzata la scaletta. Il primo è ben presentato da intense versioni di Last FrameVisionModern eHouse With No Door, le ultime due, giustamente, salutate dalle standing ovation di un pubblico calorosissimo, con la presenza, tra le altre, di una folta e colorita rappresentanza del sito rockprogressive.it, che ha raccolto preziosi documenti dell’evento. Hammill, ha saputo, a modo suo, ringraziare con una serata che resterà nella memoria collettiva molto a lungo. Al presente sono ascrivibili le versioni di That Wasn’t What I Said e A Run Of Luck da ConsequencesThe Mercy e Stumbled daThin AirYour Time Starts Now da A Grounding in Numbers dei Van Der Graaf Generator, per chi scrive, mai apprezzate in versioni così vibranti e pulite in un’esecuzione dal vivo, tali da creare una distanza non colmabile nel confronto con quelle in studio.

Assai riduttivo, come nei due precedenti appuntamenti, parlare di “concerto”. Unrecital, che riduce la dimensione temporale ad una piega davvero imperscrutabile, che toglie significato alle categorie musicali e che ha il potere di impaurire, commuovere, stranire. L’alieno (al mondo) Rikki Nadir di Nadir’s Big Chance (concept proto punk del 1975), ha voluto salutare ancora l’Italia da vicino e tra un sorriso e un’increspatura del viso sempre più scavato a fondo dal tempo, ha fatto ritorno in quella “Terra Incognita”, studio dove prendono forma le sue lucide e drammatiche visioni, “per studiare i brani della prossima tournée con i Van Der Graaf Generator” come ci racconta dal palco lui stesso. A Giugno il prossimo capitolo discografico di una carriera che, ormai, ha dell’incredibile.

“Modern” live @ La Salumeria della Musica, Milano – 13.05.2012



Articolo di Claudio Milano
Contributi per Schio di Emilio Maestri (Van Der Graaf Generator Study Group) e Alberto della Rovere
Foto e video di Massimiliano Cusano (rockprogressive.it)

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Recensione di GIACOMO “JACK” CASILE
ETICHETTA: Autoproduzione
GENERE: Crossover

TRACKLIST:
1. Rasa
2. Vega
3. Mast
4. Cata

Voto: 5.5

Primo EP autoprodotto per i Buena Madera, giovane band nata nella bassa padovana intorno al 2006. Il trio ha già ben chiare le proprie idee e l’obiettivo da raggiungere, ovvero ottenere un sound personale districandosi tra i generi più disparati, partendo da una base di rock pesante; praticamente il tipo di mix che in passato ha reso grandi act quali Faith No More e Dillinger Escape Plan.
Le quattro tracce presentate sembrano più il risultato di una jam session che vere e proprie canzoni, poichè la band non bada per niente alla forma ma solo all’istintività. Le strutture variano continuamente passando da un genere all’altro a seconda dell’intuizione del momento, generando un sound schizofrenico e caotico. Ad aprire l’EP è “Rasa”, pezzo dalle sonorità acide ed alienanti. La traccia si presenta con dei riff contorti accompagnati da una voce stridente a cavallo tra Mastodon e Dillinger Escape Plan; dopo pochi minuti invece cominciano ad insinuarsi divagazioni strumentali dal vago sapore sabbathiano.
Il brano è discreto ma non riesce a destare più di tanto l’attenzione dell’ascoltatore.
Ottima invece la successiva “Vega” che miscela generi all’opposto come la nwobhm e lo stoner sfoggiando dei riff melodici molto accattivanti, la migliore del lavoro. La noisy “Must” e la strumentale “Cata” chiudono il cerchio ma risultano meno compiute delle precedenti.

In conclusione possiamo dire che i Buena Madera potrebbero dare soddisfazioni visto che la basi per sviluppare uno stile originale ci sono tutte. Per progredire hanno assolutamente bisogno di trovare il compromesso tra una struttura musicale più ragionata e la furia che hanno espresso in questo EP, dopodichè potremmo vederne delle belle.

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ETICHETTA: Nessuna
GENERE: Noise Rock

TRACKLIST:
01. La ballata di Belezebù
02. L’illusionista
03. l burattinaio
04. Il nano
05. Il pensatore
06. Il rimorso
07. Le streghe
08. Giuda o la notte della luna vergine

La Ballata di Belzebù è noise dagli inferi. Una tensione violenta, rossa per il fragore dei suoi schiamazzi e delle sue virulente sferzate, vibrante di un nervosismo che la (iper)tende tutta dalla prima all’ultima nota. C’è un’enciclopedia di italianità noise, art-rock, grunge e alternative in questo progetto, un’odissea infinita che parte dai primi Litfiba non new wave, abbraccia l’evoluzione da CCCP ai CSI di Ferretti e Canali e infine si destruttura nei Jesus Lizard plagiati dal Teatro degli Orrori. La cattiveria cruenta e crudele di alcuni testi, visceralmente interpretati, riconduce magistralmente ad un punk teatrale un’originale verve poetica sospesa tra grida, aneliti di liberazione e la voglia di detronizzare i soliti nomi dall’universo noise troppo conosciuto e piegato al post-rock d’oggidì. Banale e stantìo, come questo disco non è. La sua reale presa di posizione contro gli schematismi è evidente in ogni riferimento colto e in ogni nota di originale incazzatura. Non dimentichiamo che parliamo di Luca Martelli.

Lavoro di tutto rispetto, da introdurre cautamente via endovena. Senza pensare prima di agire. Fantastico.

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Dopo Serj Tankian un’altra doppia recensione per i lettori di The Webzine. La recensione numero 1, di Marco Bergami, è tratta da Metallized e gentilmente concessa dall’autore per The Webzine. La seconda è mia e la scrissi nel 2010 per il mio vecchio blog Good Times Bad Times.

ETICHETTA: Domus Vega
GENERE: Alternative prog rock

TRACKLIST:
1. Ondanomala
2. La Prova del Vuoto
3. Nel Mezzo
4. Sfere
5. Sinestesia
6. Dal Rosso Al Blu
7. Opus
8. Magnum Opus
9. Dal Nero Al Bianco

Recensione n° 1 – a cura di Marco Bergami

… guardo intorno fra milioni di variabili
e riconosco la stessa sostanza – ENERGIA
nel propagarsi di onde di scambio
che confondo nel SuonoColore
e in simultanea percezione
comprendo le trasposizioni
nella simbolica universale
l’interagire delle cose
in comuni vibrazioni
sempre più alte
sinestesi in aumento …

Queste alcune delle parole racchiuse nella quinta traccia, Sinestesia; non potevo rubare parole migliori per definire
sinteticamente il vigore e la complessità che lascia filtrare l’ascolto di Nel Mezzo.
Primo full-lenght per i Mano-Vega, band del basso Lazio dotata di elevato talento, capace di fondere la complessità
strutturale del progressive-rock con la massività di una profonda filopoesia concettuale.

Rabbiosi nei confronti di un sistema opprimente, Nel Mezzo contrappone una forte disamina sulla claustrofobicità di una
vetusta dottrina legata ai fondamenti di Materia-Lavoro-Famiglia, lasciando respiro e speranza grazie al profondo ed
intimo idealismo di libertà ed umiltà nell’affrontare la vita.

Un platter dinamico, spesso dissonante, intelligentemente articolato tra vaste e morbide ambientazioni sull’orlo della
psichedelia, eleganti passaggi costruiti grazie all’aiuto di synth, handsonic e programmazioni, squarciando le spirituali
ricostruzioni con irrequiete scodate prog-rock, il tutto legato da un’adeguatissimo canto-parlato.

Un Valerio D’Anna straordinario, ideatore e produttore di se stesso, abile musicista che è riuscito ad azzeccare
perfettamente la formula Mano-Vega proprio grazie al particolare espressività dello strumento voce, utilizzato per
recitare e non per cantare, che orna accuratamente la compessità del sound, evitando intelligentemente una probabile
saturazione di suoni.

Sto ascoltando Nel Mezzo da quasi 2 mesi perchè ho subito intuito il valore aggiunto contenuto al suo interno e non mi
sarei mai permesso di criticare frettolosamente un platter così prezioso.
Lo volevo fare mio, lo volevo assaporare fino alle viscere per capirne la vera essenza, studiarlo cercando di viaggiare
parallelamente agli esecutori, succhiando ogni sfumatura possibile per poter esprimere un giudizio depurato degli
entusiasmi dei primi passaggi.

Dopo decine di ascolti, l’interesse nei confronti di Nel Mezzo non accenna a calare; la vasta articolazione tangente a tanti
mondi trasforma la mia attrazione in puro magnetismo denso di curiosità; un platter privo di noia che mette sullo stesso
piano d’importanza tutte le tracce presenti, in quanto in ognuna di esse non emerge una struttura portante che porta ad
una precisa identificazione della traccia, ma tutto sembra mutare e cambiare ascolto dopo ascolto.
I Mano-Vega non sono un concertato di novità, il prog-rock veleggia su di noi da più di 30 anni ma il combo Frusinate vi
farà provare una piacevolissima sensazione di freschezza, troverete ossigeno per i vostri polmoni e se fossi un potente
discografico non esiterei un secondo nell’investire tutto quello in mio possesso per sostenere una band di questo calibro.

Che termine usare per definirli utlizzando una sola parola? … geniali.
Recensione n° 2 – a cura di Emanuele Brizzante 

I Mano-Vega sono l’ennesimo capitolo della storia progressive italiana. Siamo arrivati nel 2010 e questa scena non smette di proliferare, anche se, ovviamente, le particolarità e le caratteristiche originali continuano a diminuire, scusatemi il gioco di parole, progressivamente. Piano però, qui non si parla di prog storico influenzato dai magnifici seventies del nostro paese, ma di un prodotto che guarda con occhio piuttosto malizioso agli USA e al prog metal più moderno ed elettronico. In questo genere, tanto di cappello a chi riesce a non essere pallosamente ridondante, ma quando si parla di questo, nel duemiladieci vengono per forza in mente i DreamTheater, band che, è risaputo, sta veramente scoppiando nella continua ricerca di ghirlande e ghirlandine per abbellire un pacchetto ormai squarciato dagli anni. I Mano-Vega, per fortuna, non sono tra quelle band e producono un disco simpatico, nel senso che i fan del prog (più metal che rock, ma anche rock) potranno ascoltarlo e gradirlo senza troppi problemi, soprattutto se non hanno pretese.
Funzionano gli arrangiamenti, i modi in cui si dimostra con palese indifferenza un’abilità tecnica ottima in tutti gli strumenti, le scelte nei suoni (quasi tutte) e nei titoli, talvolta criptici, altre volte abbastanza terra terra da allontanare ogni simbolo retorico (invece chiaramente richiamato in “Sinestesia”) che nella loro musica (e siamo alla lista delle cose che Non Funzionano) abbondano, vuoi perchè quando il prog lo vuoi fare ma ascolti troppo le band più moderne ti perdi, vuoi perchè non è cosa da tutti. Sia chiaro, questo disco non è scadente, né banale, anzi contiene degli sprazzi d’ingegno notevoli ed evidenzia un songwriting mai acerbo che questi ragazzi, così talentuosi, sono riusciti a convogliare in nove bellissime tracce. L’attenzione critica è da porre più che altro nella direzione di un’imitazione che qualche volta sconfina nel tributo, vedasi i riferimenti a band come Tool e Porcupine Tree (e perfino la copertina ce li ricorda), abbassando di poco il livello medio di tutto il lavoro. La forte presenza di elettronica richiama alla nostra mente anche alcune sferzate di Trent Reznor, non solo quello dei Nine Inch Nails più celebri ma anche quello del periodo pro-internet che l’ha visto pubblicare la quadrupla release Ghosts, acclamata solo da chi ne capiva davvero qualcosa di quello che lui aveva intenzione di fare. Non diteci che ai Mano-Vega Reznor non piace. Ottimo, in ogni punto, il dosaggio delle componenti elettriche e quelle, invece, elettroniche, con effetti e sintetizzatori, coadiuvati anche da programmazioni, che spuntano improvvisamente senza mai esagerare. Grande presenza anche del theremin, uno strumento difficile da usare ma che viene inserito qui e là tentando di non cadere nel burrone della sovrabbondanza, dal quale ci si salva per poco.

La band compone, in sintesi, un disco fragile ma ricco di spunti, citazioni, riflessioni e segni di un’intelligenza e una maturità artistica che si possono soltanto definire notevoli. Essere già una band “svezzata” al proprio debutto non è cosa da tutti, ma, come dichiarano all’interno del packaging di Nel Mezzo, questo lavoro è stato composto in sei anni. Se è vero, sono troppi. Se non è vero, spiegateci perchè.
Fatto sta che a noi è piaciuto abbastanza. 

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Fotoreport a cura di LaMyrtha





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La seconda metà di maggio avvicina la nostra stanchezza primaverile, stagione in cui tradizionalmente nevicano pollini e sbocciano le prime arsure, all’estate. Noi vi diciamo dove andare. Poi decidete voi.

15/05/2012 – LOSTPROPHETS @ ESTRAGON, Bologna
16/05/2012 – BUD SPENCER BLUES EXPLOSION @ MACELLO, Padova
18/05/2012 – DRINK TO ME, IORI’S EYES, 2PIGEONS, CHEWINGUM, HEIKE HAS THE GIGGLES, MARIA ANTONIETTA, SIMONA GRETCHEN, MANGIACASSETTE ecc. @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna
18/05/2012 – YOUNG MAGIC @ MACELLO FESTIVAL, Padova
18/05/2012 – VELVET @ HOMEPAGE FESTIVAL, Udine
18/05/2012 – BOLOGNA VIOLENTA e TUXEDO DE LUXE @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
19/05/2012 – ICEAGE @ COVO CLUB, Bologna
19/05/2012 – HEIKE HAS THE GIGGLES @ MOON CLUB, Mirano (VE)
19/05/2012 – ALL MY HOSPITALIZED CHILDREN’S COVE @ MACELLO, Padova
19/05/2012 – MORGAN DJ SET @ EX FORO BOARIO, Castelfranco Veneto (TV)
19/05/2012 – PORNORIVISTE @ NEW AGE CLUB, Roncade (TV)
19/05/2012 – ICE AGE, LA QUIETE e THE DEATH OF ANNA KARINA @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna
19/05/2012 – COLD IN BERLIN @ ETNOBLOG, Trieste
19/05/2012 – MARTA SUI TUBI e MIG29 OVER DISNEYLAND @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
20/05/2012 – THIS LEO SUNRISE @ ZUNI, Ferrara
20/05/2012 – ICE AGE, LA QUIETE e HOLY @ MACELLO FESTIVAL, Padova
22/05/2012 – CHK CHK CHK @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna
22/05/2012 – HIGH PLACES @ MACELLO FESTIVAL, Padova
22/05/2012 – COMANECI @ OSTERIA SUL RONC, Tarcento (UD)
22/05/2012 – ROBERTO VECCHIONI @ AUDITORIUM MANZONI, Bologna
23/05/2012 – ROWAN COUPLAND @ MACELLO, Padova
23/05/2012 – LARRY YES ND THE TANGLED MESS, MY SISTER GRENADINE e COMANECI @ ZUNI, Ferrara
25/05/2012 – PAN DEL DIAVOLO @ VINILE FESTIVAL, Cittadella (PD)
25/05/2012 – ROCKET FROM THE TOMBS @ NEW AGE CLUB, Roncade (TV)
25/05/2012 – MORKOBOT @ CPA GRAMIGNA, Padova
25/05/2012 – MANETTI!, PENELOPE SULLA LUNA e FORENSICK @ VOODOO, San Giuseppe di Comacchio (FE)
25/05/2012 – R.ESISTENCE IN DUB e VIBRONICS @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
25/05/2012 – NEON INDIAN @ SUMMER STUDENT FESTIVAL, Padova
26/05/2012 – BLACK LIPS @ VINILE FESTIVAL, Cittadella (PD)
26/05/2012 – MEGANOIDI @ NEW AGE CLUB, Roncade (TV)
26/05/2012 – ASIAN DUB FOUNDATION @ TEATRO MIELA, Trieste
26/05/2012 – PERMANENT ECHO, WARRIOR CHARGE e CHANNEL ONE @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
26/05/2012 – REZOPHONIC @ VOODOO, San Giuseppe di Comacchio (FE)
30/05/2012 – DEATH IN VEGAS @ ESTRAGON, Bologna
30/05/2012 – CLOUD NOTHINGS, HIS CLANCYNESS e WOLTHER GOES STRANGER @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna
30/05/2012 – FEAR FACTORY @ NEW AGE CLUB, Roncade (TV)
31/05/2012 – CODEINE, COMANECI e GLI ANNI LUCE @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna

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Fotoreport a cura di LaMyrtha





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ETICHETTA: Warner Bros, Serjical Strike
GENERE: Rock, classica

TRACKLIST:
01. Feed Us
02. Blue
03. Sky Is Over
04. Lie Lie Lie
05. Money
06. Baby
07. Gate 21
08. The Charade
09. Honking Antelope
10. Saving Us
11. Elect The Dead
12. Falling Stars
13. Beethoven’s Cunt
14. Empty Walls

articolo n°1
Recensione a cura di MARCO BERGAMI e pubblicata anche su METALLIZED

Particolari atmosfere live per l’ex frontman dei System Of a Down, che, a tre anni dall’uscita del suo primo album solista Elect The Dead, ripropone una rivisitazione delle sue composizioni, arrangiate dal compositore neozelandese John Psathas ed eseguite dalla prestigiosa Auckland Philarmonia Orchestra, composta da ben sessanta elementi.
Con Elect The Dead Symphony, Serj Tankian è riuscito a donare un tale senso di ariosità e respiro alle sue composizioni, da farle apparire riconoscibili solo per l’elevata individuabilità delle linee liriche, stravolgendole completamente la struttura ritmica e donandole pregevole plasticità grazie all’introduzione di pianoforte, strumenti a corda, archi e fiati.
Il perfetto equilibrio acustico non poteva essere raggiunto mantenendo la violenza espressa nel 2007 con Elect The Dead e la lungimiranza del buon Tankian lo ha portato a mantenersi fedele alla naturale espressività della timbrica vocale, arricchendola con profonda teatralità ed istrionismo.
Il full length ripropone molte delle tracce presenti nel disco di debutto, guarnendolo con quattro brani inediti dal rincuorante e rinnovellante senso d’interesse nei confronti di un artista-provocatore quale Serj Tankian.
Con forte rammarico, devo dire che l’ascolto completo e ripetuto di Elect The Dead Symphonynon ha lasciato in me una prepotente sensazione di levità, ma l’appesantimento lievitante che scaturisce l’ascolto delle ultime tre tracce ha bussato alla mia porta ad ogni riproduzione del platter. Se solo Tankian avesse deciso di chiudere l’album alla dodicesima traccia, il lavoro sarebbe stato decisamente meno duro da digerire, ma restano comunque tre tracce di buon livello artistico.
L’apertura di Elect The Dead Symphony chiarisce subito la morbidezza dei toni da qui all’ultima traccia, cercando di catturare più attenzione possibile con la ridondante riconoscibilità della melodica Feed Us, risultando funzionale, funzionante, perfettamente eseguita e dal forte potere magnetico.
Di primo impulso, sentire la voce di Tankian immersa in ambientazioni poco comuni -da quelle alle quali eravamo abituati- strappa un istintivo sbotto di sorriso, ma si riuscirà facilmente a comprendere le finalità dell’ugola d’oro d’origini Armene.
La teatralità delle interpretazioni e la magia delle ambientazioni cresce minuto dopo minuto, passando attraverso la particolarissima Lie Lie Lie, dalla lirica gracchiante e dalle ricostruzioni sceniche visibili seppur ascoltate, grazie all’aurea di magia che la circonda grazie alle atmosfere che sono gli strumenti classici possono esprimere.
La progressione delle composizioni a seguire materializzano realmente l’impressione cheTankian abbia impostato questo lavoro, modellandolo più sotto forma di musical piuttosto che di un vero e proprio album e dal mio punto di vista l’azzardo sarà ben ripagato, magari non in riferimento alle vendite ma alla partecipazione di pubblico ai suoi spettacoli.
Veramente di grande gusto la grana utilizzata per formare Saving Us, dotata di un arpeggiato di chitarra acustica morbido e vellutato sfociante in ariose aperture di fiati supportati da cadenzati colpi di tamburo ed un Tankian estremamente emotivo che dona estrema importanza e valore alla traccia.
Elect The Dead Symphony è un album dall’acusticità poco gradevole, visto che le incisioni sono avvenute durante esibizioni live, ma sicuramente gode di elevato rispetto per il tentativo -a mio avviso ben riuscito- di mescolare sonorità “classiche” ad una liricità che fa pensare a tutt’altro.
In ogni caso dopo un debut-album di elevata taratura qualitativa potrebbe avere, ed in questo caso l’ha avuta, una grande presa a livello live, soprattutto se a supporto troviamo un’orchestra come laAuckland Philarmonia Orchestra. Le garanzie qualitative che può dare una schiera così elevata di musicisti sono elevatissime, ma il riconoscimento va soprattutto agli arrangiamenti di John Psathas ed alla capacità d’interpretazione del magnifico Serj Tankian.

articolo n°2
recensione a cura di EMANUELE BRIZZANTE pubblicata anche su GOOD TIMES BAD TIMES

Con notevole ritardo rispetto all’iniziale tabella di marcia ecco spuntare negli scaffali dei negozi (si fa per dire…) “Elect The Dead Symphony”, il live di Serj Tankian che ripropone la scaletta dei concerti elettrici seguiti all’uscita di “Elect the Dead”, primo album solista, con un’orchesta filarmonica di settanta elementi. Trattasi della prestigiosa Auckland Philarmonia Orchestra, che ha impreziosito questo pregiato prodotto con i suoi archi e fiati, suonati ovviamente da professionisti che hanno eseguito gli splendidi arrangiamenti di John Psathas, compositore neozelandese. L’incredibile voce di Tankian, potente e versatile come pochi, ha fatto il resto.
Nella scaletta praticamente tutto il disco di debutto più qualche inedito, sui quali spicca la vecchia conoscenza dei fan dei System Of A Down. Blue e un brano già sentito per i live di Axis of Justice, lasciato fuori dall’ultimo disco dei SOAD “Hypnotize”, The Charade, dagli arrangiamenti molto pomposi. Ancora più “baroccheggianti” quelli diFeed Us, Empty Walls e Sky Is Over, che rendono in maniera davvero sublime in questa nuova veste orchestrale, per la quale si spera un buon seguito con i prossimi concerti che il cantautore armeno proporrà come conseguenza alle reazioni di questo lavoro. Non c’è molta varietà in un concerto così, ma si ascolta ogni singola nota prodotta dagli orchestrali, a supportare una voce che non stona mai, si spera non grazie a sovraincisioni o filtri di sorta, utilizzando anche le conoscenze ereditate dalla tradizione classica e lirica che il buon Serj ha studiato (si parla di un diploma a riguardo). Alcune canzoni tuttavia non trovano la collocazione giusta con l’orchestra: trattasi soprattutto di Lie Lie Lie, un po’ troppo “fuori fuoco”, sbilanciata tra i ghiribizzi dell’orchestra e le liriche sempre precise e coinvolgenti del protagonista, in questo caso un po’ soffocate dagli elementi acustici. Incredibili invece le versioni diBeethoven’s Cunt e Honking Antelope, che non brillavano particolarmente nel disco ma che in live hanno un’aura quasi magica, ovviamente grazie all’apporto tecnico ed “atmosferico” degli strumenti “classici” utilizzati in questa occasione.
Tankian dovrebbe tornare ai SOAD. E’ quello che pensano in molti. In ogni caso dopo un disco di debutto di tutto rispetto, fa uscire un live di grande presa, caratteristico nonostante non sia il primo né l’ultimo a farne uno di questo genere. L’orchestra garantisce sempre un’incredibile qualità musicale, ma sono gli arrangiamenti di Psathas e la voce di Serj a farla da padroni in una performance del genere, con una voce che fa miracoli e musiche super-coinvolgenti. Non lasciatevelo scappare

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Fotoreport a cura di LaMyrtha





TOUR DATES:
11 maggio –  LOOP, Milano
12 maggio – OFFICINE BERTELLO, Borgo San Dalmazzo (CN)
18 maggio – LINEA NOTTURNA, Cagliari
19 maggio – PANCHOVILLA, Sassari
26 maggio – FESTIVAL DI LUGANO, Lugano (SVIZZERA)
16 giugno – MIAMI, Segrate (MI)
22 giugno – SUMMER DAYS FESTIVAL, Copparo (FE)
3 luglio – MENGO MUSIC FESTIVAL, Arezzo
7 luglio – FESTA RADIO BLACKOUT, Avigliana (TO)
27 luglio – CASTELLO SCALIGERO, Villafranca di Verona (VR)
28 luglio – ALPETTE ROCK FESTIVAL, Alpette (TO)
03 agosto – GOOSE FESTIVAL, Zevio (VR)
04 agosto – ARENASONICA, Brescia

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La prima data italiana di STING, dei CRANBERRIES, di ALANIS MORISSETTE, l’unica data italiana di BILLY IDOL, e poi artisti come BEN HARPER, THE CULT, WOLFMOTHER, JOAN BAEZ, FRANCO BATTIATO E L’ORCHESTRA ARTURO TOSCANINI e molto altro…

Arriva alla quinta edizione l’Hydrogen Festival, una delle rassegne musicali estive più importanti d’Italia.
Le precedenti edizioni hanno richiamato decine di migliaia di persone da tutta Italia e oltre grazie ad un efficace formula che propone i grandi nomi della musica italiana e straniera in una cornice, quella dell’Anfiteatro Camerini, tra le più magiche ed accoglienti in Italia.

Il calendario si apre il 30 giugno con la prima data italiana dei Cranberries. Per la band irlandese composta da Dolores O’Riordan, Nel Hogan, Mike Hogn e Fergal Lawler il 2012 è l’anno del ritorno, con l’album Roses in vetta alle classifiche da mesi ed una rinnovata energia.

Il 4 luglio spazio all’emozionante folk rock di Joan Baez, impegnata in quello che forse sarà il suo ultimo tour.
Sabato 7 uno degli eventi più attesi: il volto più glam del punk rock, Billy Idol, terrà a Piazzola sul Brenta il suo unico concerto italiano.
Tiziano Ferro, forte del successo del suon nuovo album, si esibirà invece l’8 luglio, nell’unico live del Nord-Est del suo tour estivo.
Il 10 arriva sua maestà: Sting. L’artista inglese sarà sul palco accompagnato dal suo chitarrista storico Dominic Miller, David Sancious (tastiere), Vinnie Colaiuta (batteria), Peter Tickell (violino elettrico), and Jo Lawry (voce): una band straordinaria che lo vedrà imbracciare nuovamente il basso per regalare un concerto in chiave molto rock.

L’11 luglio sarà il giorno dell’hard rock dei Wolfmother, mentre il 13 arriveranno i Cult e le loro affascinanti contaminazioni.
Il 17 un altro grande evento: la prima italiana di Alanis Morissette, che torna a cantare in Italia dopo 4 anni e che è prossima alla pubblicazione del suo nuovo album.

Il 19 un gradito ritorno: Franco Battiato si esibirà all’Hydrogen Festival accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Arturo Toscanini, proponendo così delle sue canzoni una interpretazioni nuova.
Venerdì 20 luglio sarà il giorno di Ben Harper che, accompagnato dalla sua eccezionale band, proporrà un travolgente live all’insegna come sempre del suo multiforme talento.

A completare il calendario la comicità travolgente di Giacobazzi, sabato 14 luglio, ed un concerto celebrativo di Massimo Ranieri, che chiuderà la rassegna sabato 21 luglio.

I biglietti di tutti gli eventi sono in vendita online al sito http://www.hydrogenfestival.com e Coin Ticket Store Padova e Treviso, la biglietteria del Gran Teatro Geox (dal lunedì al venerdì dalle 1330 alle 1930 tel. 0490994614) Primi alla Prima (banca del Veneziano, bcc venete e casse Rurali Trentine), Unicredit, Cariveneto e Ticketone.

Per informazioni http://www.hydrogenfestival.comhttp://www.zedlive.com

Infoline 049/8644888

Hydrogen Festival:
30 giugno – Cranberries
4 luglio – Joan Baez
7 luglio – Billy Idol
8 luglio – Tiziano Ferro
10 luglio – Sting
11 luglio – Wolfmother
13 luglio – The Cult
14 luglio – Giacobazzi Show
17 luglio – Alanis Morissette
19 luglio – Franco Battiato e Filarmonica Arturo Toscanini
20 luglio – Ben Harper
21 luglio – Massimo Ranieri

Info: http://www.hydrogenfestival.com

Ufficio Stampa ZED!: Andrea Benesso tel. 333 21 35 262 press@zedlive.com

Ufficio stampa, Piazzola Live Festival 2011 PropaPromoz | Tel +39.02.67072094
E-mail: info@propapromoz.com; Web: http://www.propapromoz.com

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Recensione a cura di MARCO BERGAMI pubblicata anche su METALLIZED

ETICHETTA: Roadrunner Records
GENERE: Heavy metal

TRACKLIST:
1. Crazy Horse
2. Overlord
3. Parade of the Dead
4. Darkest Days
5. Black Sunday
6. Southern Dissolution
7. Time Waits for No One
8. Godspeed Hell Bound
9. War of Heaven
10. Shallow Grave
11. Chupacabra
12. Riders of the Damned
13. January

Istintivo, anticonformista, carismatico e dalla timbrica vocale unica e distinguibilissima.
Zakk Wylde, ideatore dei Black Label Society e celebre spalla della band di Ozzy Osbourne – dalla tenera età di 19 anni – ha sempre cercato di affiancare il calore della sua voce alla potenza esplosiva di un suond tipicamente heavy metal dall’onda d’urto depredante.
Queste caratteristiche sono sempre state presenti nei lavori di questo chiatarrista, pianista e cantante statunitense ma la grande capacità che ho sempre invidiato all’enfant prodige Zakk è quella di essere riuscito a formare una band che mentalmente non vivesse di luce propria -enorme errore commesso da migliaia di bands- ma che godesse dei propri successi, condividendoli passionalmente con i propri fan, creando una grande comunità al proprio seguito.

Il 28 ottobre 1998 i Black Label Society pubblicano, prima in Giappone e successivamente negli USA, l’album d’esordio Sonic Brew, aprendo con Bored To Tears, una traccia che la lasciato un’impronta indelebile nella memoria di chiunque l’avesse ascoltata, che io vi ripropongo:

Negl’anni a seguire la potenza acustica andò scemando gradualmente, mettendo da parte la cupezza e la voglia di rendersi visibili plaudendo la propria presenza, aprendo la porta a sonorità più chiare e luminose, introducendo maggiori dosi di acusticità strumentale.
A quattro anni dall’ultima pubblicazione Shot to Hell e libero da impegni collaborativi con Ozzy,Zakk ha voglia di riscatto, il bisogno di recuperare amor proprio accantonato per seguire produttive logiche di mercato dettate dal conformismo, è tornato a galla spingendolo ad eclissarsi nel proprio studio di registrazione, soprannominato “The Bunker”, producendo il nuovo lavoro Order of the Black.
La produzione è straordinaria, un amalgama calibrato perfettamente che alterna raffinata melodia ad onde anomale sature di heavy metal e carica emotiva.

Per i conoscitori dei Black Label Society la traccia d’apertura Crazy Horse avrà il potere di proiettarvi direttamente alla traccia d’esordio, trasmettendovi le stesse emozioni e motivazioni che spinsero Zakk Wylde verso la personalizzazione del proprio stile e sound.

Provate emozione vero? Sentite anche voi l’incontrastabile voglia di scaricarvi in un urlo di soddisfazione che contenga le parole “era ora … finalmente sono riemersi i vecchi BLS”?
Se fosse così, Order of the Black non potrà far altro che provocarvi forti emozioni e soddisfazione, perchè Zakk c’è, Zakk è tornato.

La carica emozionale d’apertura la ritroveremo nella terza traccia, Parade of the Dead, uno dei brani più rocciosi e granitici dell’intero full-lenght, caratterizzato da una voce graffiante e solidissima capace di scaldare le anime più glaciali ed accompagnato da un massiccio tappeto di chitarre ritmiche lineari ed essenziali, che reggono l’intero brano tra le braccia e che si slegano in soli di grande impatto acustico e tecnico.
Ma il talentuoso musicista statunitense non intende far tramontare le sue doti polistumentistiche: Darkest Days, Time Waits for No One e Shallow Grave hanno proprio questa funzione, tre straordinarie ballads dove la profondità della voce si fonde alla morbidezza di un pianoforte suonato dallo stesso Zakk, capace di produrre intense ed emozionanti melodie che evitano l’uniderezionalità espressiva e la stagnante classificazione stylistica.
Ma l’anima metal non molla la presa e continua a fondersi con generi e stili cugini che donano alle tracce unicità ed ispirazione artistica, come nel caso di Southern Dissolution che colora la cadenzata apertura metal con spruzzate di stoner, donando freschezza e singolarità alla composizione.

Order of the Black è di certo la miglior produzione realizzata dal pugno di Zakk Wylde, l’emozione adrenalinica sarà onnipresente e la spinta acustica vi provocherà la stessa sensazione di un pugno nello stomaco, ma Order of the Black non introduce nulla di nuovo rispetto alle precedenti produzioni targate Black Label Society; la trasudante voglia di cambiare passo rispetto al passato si percepisce fin dalle prime note, la voglia di scrollarsi di dosso l’etichettatura “chitarrista di Ozzy Osbourne” è palese e comprensibile, ma artisticamente non aggiungono nulla di alternativo al panorama heavy metal, ma moltiplicano piaceri ai piaceri già provati.
A prescindere da questa mia ultima considerazione non potete comunque perdervi l’occasione di ascoltare un platter qualitativamente sconvolgente e raro in questo periodo storico.

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E’ Bubblegum il nuovo ottimo singolo degli Iori’s Eyes, estratto da Double Soul, recentemente uscito per La Tempesta Dischi.
The Webzine vi mostra il videoclip.
Buona visione.

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S’intitola Pyramids il nuovo singolo degli Antenna Trash, in anteprima lunedì 7 maggio su DSLO e disponibile sul bandcamp del gruppo.
Il nuovo singolo è stato registrato al TUP di Brescia nel dicembre 2011, con la produzione di Stefano Moretti dei Pink Holy Days, autori del remix del brano, anch’esso contenuto in questa nuova release digitale.
Pyramids segna l’ennesima evoluzione nel sound degli Antenna Trash, che ormai ha un’impronta ben riconoscibile nella sua costante e vitale metamorfosi.
L’ansia di sperimentazione, la necessità di esplorare nuovi territori della creatività musicale, il bisogno di rimescolare le carte in tavola, fanno di Pyramids un brano dalle molteplici sfaccettature artistiche: le atmosfere scure del precedente ep si aprono in un pop colorato e distorto.
Il remix ad opera dei devastanti Pink Holy Days conferisce al brano un valore aggiunto, che si traduce in un intrigante viaggio psichedelico.
Pur trattandosi di una release digitale, il download è accompagnato da un vero e proprio artwork. L’interpretazione grafica è curata da Nicolò Eugenio Pedrollo, graphic designer fine bevitore e artigiano dell’immagine psicotropa, appassionato di dub e tropicalismi.

Pyramids è disponibile in anteprima su DSLO da lunedì 7 maggio e in download gratuito sul bandcamp degli Antenna Trash, che ci regalano questa inedita release digitale prima del nuovo e imminente album.

Credits
Pyramids è stato registrato e Mixato al TUP Studio di Brescia da Stefano Moretti
Master di Andrea Suriani
Tromboni suonati da Paolo Comparin
Artwork: Nicolò E. Pedrollo

bandcamp: http://antennatrash.bandcamp.com/
facebook: https://www.facebook.com/antennatrash1
fan pagehttps://www.facebook.com/pages/Antenna-Trash/43334670221
contatto band: antennatrash@gmail.com

Ufficio stampa INDIEMENO
(Lidia Tagnesi)
info@indiemeno.it


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Lo split dei Gazebo Penguins con i Cani, intitolato “I Pinguini Non Sono I Cani, I Cani Non Sono I Pinguini“, uscito in vinile poco tempo fa e già sold out nei negozi, è ora disponibile in download gratuito qui.
Sul sito dell’etichetta, 42 Records, potrete acquistarne a 10 euro le ultime copie rimaste.

42 Records e To Lose La Track hanno deciso di celebrare il Record Store Day con questa uscita che contiene un inedito di entrambe le band (“Nevica” dei Gazebo Penguins, “Asperger” dei Cani) e due cover reciproche (i Gazebo eseguono “Wes Anderson”, i Cani “Senza di Te”).

Vi postiamo qui un po’ di genialità made in Gazebo per la cover di Wes Anderson. Sentirete, se conoscete il cd dei Cani, perché è una genialata:

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Recensione a cura di MARCO BERGAMI pubblicata anche su Metallized
ETICHETTA: Roadrunner Records
GENERE: Post-grunge, alternative metal

TRACKLIST:
01. Slip To The Void
02. Isolation
03. Ghost Of Days Gone By
04. All Hope Is Gone
05. Still Remains
06. Make It Right
07. Wonderful Life
08. I Know It Hurts
09. Show Me A Sign
10. Fallout
11. Breathe Again
12. Coeur D’Alene
13. Life Must Go On
14. Words Darker Than Their Wings

Esiste una profonda ma travisabile differenza tra un’entità dotata di talentuosità ed un’altra provvista di genialità, una diversità che razionalmente riusciamo ad individuare in quanto materialmente identificabile, ma che istintivamente potrebbe portarci ad equipararle, confondendo il nostro metro di giudizio.
Il talento ha la capacità di sopravvivere autonomamente: chi ha talento ha spiccate qualità, ottime doti ed una rilevante propensione nei riguardi di uno stile espressivo adattabile in molti frangenti ed ambienti; il talentuoso riesce a comprendere e conformarsi con il genio in quanto la sua caratteristica principale non è quella di parlare una lingua propria ma è quella di riuscire ad eseguire, con delle capacità fuori natura, l’arte e l’idea di soggetto esterno.
Al contrario, il genio è dotato di un’incontenibile quantità di estro e creatività, le quali possono costituire un esempio di linguaggio rendendolo capostipite di una corrente artistica, rendendo le proprie opere il modello a cui ispirarsi per altri artisti latenti in originalità. Ma il genio non potrà mai sopravvivere senza la giusta levatura talentuosa, l’idea geniale, se mal eseguita o mal comunicata, potrebbe prendere più la forma di un esperimento mal riuscito piuttosto che di una linea guida per le generazioni a venire, quindi nel genio deve esistere una capacità talentuosa intrinseca.

Gli Alter Bridge nascono come band talentuosa, successivamente allo scioglimento degli acclamatissimi Creed e nel 2004 debuttano con One Day Remains, ottimo album dall’esplosività ricercata ma ancora troppo ingabbiato nelle idee di quello che era stato il loro recente passato, un platter che non li fece decollare come artisti ma che riuscì a ravvivare un fuoco interiore quasi spento, grazie al disco d’oro conquistato negli USA.
Nel 2008 l’uscita di Black Bird mutò i punti di vista nei confronti della band, che rivolse lo sguardo verso sonorità più personali dando vita ad uno degli album post-grunge dalle proprietà indelebili, una concezione di stile quasi completamente rinnovata nata dalle quattro mani di Myles Kennedy e Mark Tremonti che portano la band al limite della genialità di cui parlavo prima e ad una maturità degna delle band simbolo che immortalarono il loro passaggio nella storia.
Con la sincerità più spassionata, ritengo che Black Bird sia veramente un album dal quale prendere esempio, sia per il livello tecnico-strumentale che tecnico-vocale dimostrato, per l’estro compositivo d’altissimo livello, per la passionalità ritrovata e per la durabilità del piacere d’ascolto anche a distanza di anni.
Riuscire a raggiungere e superare questi standard di produzione, arrivati già ad una taratura elevatissima, è una condizione che appartiene ad una categoria di personaggi che nelle prime righe ho definito geni e detto questo potete immaginare da soli quali e quante aspettative possa aver scatenato la mia mente quando è venuta a conoscenza dell’uscita del terzo album degli Alter Bridge.

AB III stupisce, proprio quando si pensa che non esistano strumenti per riuscire ad equivalere o addirittura superare se stessi, ecco che la mancanza di positive aspettative viene surclassata dallo stupore che lascia scattare la molla dell’entusiasmo.
AB III forgia a fuoco il cambio di direzione della band che abbandona totalmente la naturale scia Creediana, allontanandosi da un sound ai limiti del sintetico ed inserendo suoni più scuri e pesanti grazie ad un Mark Tremonti roccioso, dalle sonorità più grezze e sanguigne, mantenendo in prima linea la straordinaria magia dell’ugola Kennedyana e lasciando invariato l’assetto acustico del resto della band.

L’apertura con Slip To The Void fa subito stilare una lista delle tante differenze che potrebbero riscontrare durante tutto l’ascolto; la morbida ambientazione creata dalla fusione di Brian Marshall con la quasi irriconoscibile tonalità adottata da Myles Kennedy fanno subito salire l’attenzione che aumenta progressivamente e parallelamente ai cambi ritmici di base e le impennate epiche di un insuperabile Kennedy, al massimo della forma.
Con Isolation e Show Me A Sign l’incrudimento dei toni si fa vero: seppur abbastanza melodiose ed orecchiabili, le tracce contengono degli stacchi profondamente accattivanti, che spezzano l’onda melodica con urti estremamente catchy e soli qualitativamente ed espressivamente meravigliosi.
Esistono poi tre tracce nel platter dalle quali non riesco ad allontanare la mia attenzione, tre tracce che si rincorrono continuamente nella mia mente, tre capolavori del post-grunge dall’espressività unica. La prima è All Hope Is Gone, che apre con un arpeggio di chitarra semi-folkeggiante, ritmicamente lento ma in continua e progressiva ascesa, dalle ambientazioni meditabonde e pesanti che ricoprono la traccia con un ritmo di superficie affascinante e magnetico. Il brano entra nella sezione dei riff pesanti solo nella seconda parte, inserendo un sound più fresco e duttile, prima di un altro grande assolo di Tremonti, che esprime il meglio di se stesso.
Poi Still Remains, apertura con riff pesanti molto Seattle-ani, suoni massicci, granitici, presenti ed adattissimi per essere fusi con le impressionanti melodie espresse da un orgasmico Kennedy.
Infine I Know It Hurts, apertura martellante con riff semplici ma efficacissimi, carichi di grinta e voglia, alleggeriti dall’ingresso del sostegno dei vari cori presenti, capitanata ancora una volta da una performance vocale senza difetto, ma la melodia viene arpionata nella parte centrale da un riff mostruoso e pesantissimo che trita la voce di Kennedy per poi ricomporla e farla volare via con il glorioso carattere che la contraddistingue.
Ma all’interno dell’album non potevano mancare le classiche “ballads” in perfetto stile Alter Bridge, quali Ghost Of Days Gone By, Make It Right, Wonderful Life, Breathe Again e Life Must Go On, aperture lente ed acustiche prima di aprirsi alla pesantezza delle chitarre che si uniscono ad un coro ampio e voluminoso, con un Kennedy sempre in prima fila, che fortifica la sua consapevolezza di bravura ed unicità. Forse uno stereotipo di se stessi che non va ad arricchire un giudizio, ma che lo lascia statico ed invariato, perchè già ripetutamente ascoltato, sempre ottime esecuzioni, ma stilisticamente un po’ sterili.

AB III è sicuramente uno dei migliori album del 2010, un concentrato di carattere e singolarità attribuibili a pochi, ma restano sempre e comunque presenti piccoli e quasi impercettibili richiami stilistici già passati nelle mie orecchie, alcune inflessioni della voce in Breathe Again e Words Darker Than Their Wings richiamano palesamente Jeff Buckley, o in Slip To The Void dove alcuni riff si riagganciano a dei passaggi tipicamente Slipknot. Piccoli passaggi inconsistenti che, raffrontati ai miei metri di giudizio, mi spingono a definire AB III un album geniale ma non perfetto in ogni sua parte.

Ad una band come gli Alter Bridge manca ancora un ulteriore passo in avanti, le manca la forza di allontanarsi dai “necessari” concetti di vendibilità del prodotto, scrollarsi di dosso la necessaria glassatura stilistica che gli ha sempre permesso di vendere milioni di copie: se solo riuscissero a spezzare completamente le catene che li tengono legati ai diktat delle major, potremmo veramente assistere alla nascita di un capolavoro storico da poter vivere in prima persona, riscattando la fortuna che hanno avuto i nostri vecchi per essere cresciuti nel periodo storico più rivoluzionario di tutta la storia umana.
Continuate a seguire questa band e comprate i loro album, perché un 3 su 3 di queste proporzioni risulta raro e tutto questo fa decisamente ben sperare.

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Recensione a cura di RENATO RANCAN
ETICHETTA: Entertainment One
GENERE: Stoner metal, sludge

TRACKLIST:
1. Serums Of Liao
2. Bloody Knuckles
3. Fertile Green
4. Madness Of An Architect
5. Samsara
6. Spiritual Rites
7. King Of Days
8. De Vermis Mysteriis
9. Romulus And Remus
10. Warhorn

Ed ecco il nuovo album degli High On Fire, la malsana creatura di Matt Pike, uno dei personaggi più influenti di certo rock degli ultimi vent’anni, basti solo pensare che ha co-fondato gli Sleep, probabilmente la stoner band definitiva, e che ad un suo concerto si sono formati i Mastodon, suoi fan accaniti.
Ma son passati tanti anni, che sia ancora in forma?
A metter su l’album sembra non sia mai stato così bene, il precedente “Snake For The Divine” del 2010, pur piacevole cominciava a scadere nel manierismo e si avvertiva stanchezza, così mi son avvicinato a questo “De Vermis Mysteriis” con un po’ di timore, ma lo dico già: è uno degli album metal dell’anno.
La produzione è stata affida a Kurt Ballou dei Converge che ha fatto un lavoro prezioso: la voce di Pike è la più rancorosa della carriera, ringhia e sbava dall’inizio alla fine, le chitarre sono marce ed allo stesso tempo epiche, suona tutto divinamente, un equilibrio difficilmente preventivabile ma che finalmente riesce a dare totale giustizia ad un gruppo che sta mescolando in una nuova formula decenni di stoner, doom, prog e heavy metal mantenendo l’urgenza di ventenni, in altre parole son riusciti nel miracolo di unire litri di birra e sedute di THC esaltandosi per entrambe, fortuna che il rock era morto con Cobain.

Ci sono essenzialmente due forme canzone in quest’album, che rischia di peccare solo in monotonicità: la cavalcata aggressiva, sporca e veloce e la lenta discesa negli inferi allucinogeni di una desert session, una gioia per le orecchie ma senza mai presentare i difetti di certo metal: autoreferenzialità, suoni fuori fuoco o cattivo gusto, tutto ciò in “De Vermis Mysteriis” è assente, l’incipit del primo brano è forse un omaggio a Painkiller, ma non c’è spazio per esibizione di tecnica o fuochi d’artificio, il treno (o meglio trattore) degli High On Fire deve andare veloce e selvaggio.

Riguardo ai testi invece sospendo il giudizio: l’album è un concept dalla trama piuttosto stralunata, questa la spiegazione di Matt Pike: “La storia parla del gemello di Gesù, di nome Liao, che si sacrifica per dare la vita allo stesso Gesù. Ma nell’istante in cui muore diventa un viaggiatore del tempo…”. Ok, ammetto che è una storia un po’ improbabile, ma è apprezzabile da parte degli High On Fire dimostrare che troppa droga alla fine fa male.
Verso la fine degli anni ’90 il metal sembrava in profonda crisi, incapace di rinnovarsi inquinato dal Nu-metal, solo nomi isolati riuscivano a produrre materiale interessante e nuovo, invece nel 2012 il genere è ancora più che vitale, band al massimo della loro carrieta come Deathspell Omega, Mitochondrion, Esoteric, stanno sfornando nuove gemme di questo genere infinito, e si affiancano a garanzie come gli High On Fire, da considerare ormai come dei mostri sacri.

In parole povere correte a comprare quest’album.

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ETICHETTA: UDU Records, New Model Label
GENERE: Rock

TRACKLIST:
1. Mina Si Fa Di Ketamina
2. Romanzo Noir
3. Adoro il 69
4. Il Cubo di Rubik
5. Onda Sinusoidale
6. Ho Mal di Dandy
7. Storia di Ordinaria Follia
8. Antistress
9. La Stanza della Busta
10. E’ Un Problema Se Sono Un Omicida Seriale
11. Pietra Filosofale

Questo self-titled al fulmicotone, nonostante le sue inquietanti somiglianze con i Bluvertigo, piglia bene. Eccome se piglia bene. Suscita buonumore, ad ogni brano. Sarà che i testi divertono, che le melodie rimangono in testa, che la pacca sonora è ben levigata ma mantiene comunque un impatto viscerale e ruvido. Sarà anche che di band di questo tipo ne escono tante ma che i Rosso Dalmata sono leggermente sopra alla mischia, con una certa vena personale che li spinge senz’altro verso un universo più esterofilo. Ecco perché questo disco s’apprezza. Ondeggia viscido e fluttuante sopra chitarroni distorti senza pietà e ritmiche tirate e ultraballabili, dal primo singolo “Mina Si Fa Di Ketamina” alle altre papabili hit radiofoniche (che in verità poi lo sarebbero tutte) “Adoro il 69” e “Ho Mal Di Dandy”. Il messaggio, quello di volersi divertire suonando e poi ascoltando il prodotto, arriva forte e chiaro, dalla prima all’undicesima traccia.

Fa sempre piacere scoprire che l’indie rock e l’elettronica possono fondersi col punk senza risultare sempre la solita pappardella di cui l’Inghilterra ci ha riempito le orecchie. La nostra scena nazionale ha bisogno di freschezza e genuinità, le caratteristiche che rendono questo disco dei Rosso Dalmata non tanto una sorpresa in quanto ad originalità, ma una bomba di attualità. Da ascoltare.

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ETICHETTA: Sound Management Corporation, Believe
GENERE:  Brit rock

TRACKLIST:
1. Rose in the Land of Tears
2. Summer
3. Take Care
4. Standin’ in the Sky
5. Long Day
6. Every aeroplane
7. I Just Wanna Fly
8. Tetris
9. Normal People
10. Nothing

Lunatics dei The Moon è un manifesto di brit fatto nel Friuli, tra Oasis, Beatles, Pulp e un pizzico di rock più carico e moderno, a cavallo tra i Placebo e l’indie di recente fattura. L’originalità non è il pezzo forte di questo piatto, ma la sua qualità lo eleva sicuramente a lavoro di ottimo livello, dove sono i brani più radio-friendly a farla da padroni, a partire dalla ballad “Normal People”, con una struttura piuttosto classica di ispirazione tipicamente britannica e passando ai momenti più rock come “Summer” e la tiratissima “Tetris”, sempre con un occhio di riguardo all’orecchiabilità di versi e ritornelli.
Sentire un Gallagher è molto facile ascoltando “Long Day”, ma sia questo che l’altro prodotto d’estrazione beatlesiana “Take Care” sviluppano soluzioni melodiche senz’altro di caratura più moderna, dando il giusto valore ad ogni singolo membro di questa formazione standard (voce, basso, due chitarre, batteria) che trova nella perfetta sinergia tra sezione ritmica e sezione melodica  il suo punto forte. Le linee vocali sono un’altra fondamentale componente del leitmotiv ultra-catchy che si riscontra in tutta la bella decina di brani di questo disco, che ricorderemo senz’altro come uno dei migliori esperimenti di importazione/traduzione del duemiladodici. Vi sentire brit? Amerete i The Moon.

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01/05/2012 – FINE BEFORE YOU CAME e altri @ VILLA ZAMBONI, Valeggio sul Mincio (VR)
01/05/2012 – SIR SKARDY & FAHRENHEIT 451 @ ROCK IN GOLENA, Crespino (RO)
01/05/2012 – PRIMO MAGGIO @ BORGO GROTTA CIRCUS, Borgo Grotta Gigante (TS)
04/05/2012 – EDDA @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna
04/05/2012 – ZEN CIRCUS @ VINILE, Rosà (VI)
04/05/2012 – THE FIRE @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
05/05/2012 – TANGERINE DREAM @ GRAN TEATRO GEOX, Padova
05/05/2012 – BUGO @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
05/05/2012 – THREE IN ONE GENTLEMAN SUIT @ UPUPA FESTIVAL, Finale Emilia (MO)
05/05/2012 – ELIO E LE STORIE TESE @ PIAZZA DEI SIGNORI, Vicenza
05/05/2012 – GAZEBO PENGUINS @ STUDIO 2, Vigonovo (VE)
10/05/2012 – CARLOT-TA @ TETRIS, Trieste
10/05/2012 – PETER HAMMILL @ TEATRO MIELA, Trieste
11/05/2012 – I SOLITI IDIOTI @ GRAN TEATRO GEOX, Padova
11/05/2012 – LA FAME DI CAMILLA @ GARAGE CLUB, San Martino di Lupari (PD)
11/05/2012 – JUDAS PRIEST @ PALABAM, Mantova
11/05/2012 – LN RIPLEY @ NEW AGE CLUB, Roncade (TV)
11/05/2012 – PETER HAMMILL @ TEATRO ASTRA, Schio (VI)
11/05/2012 – CASINO ROYALE @ SPRITZ SHOW IN VILLA, Noventa di Piave (VE)
11/05/2012 – RADIO ZASTAVA e COFFEESHOCK COMPANY @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
11/05/2012 – PAN DEL DIAVOLO @ EMPORIO MALKOVICH, Sommacampagna (VR)
11/05/2012 – MARCO GUAZZONE & STAG @ RENFE, Ferrara
11/05/2012 – AUCAN e PINK HOLY DAYS @ TPO, Bologna
11/05/2012 – A CLASSIC EDUCATION @ EX MACELLO, Padova
12/05/2012 – SERPENTI @ TETRIS, Trieste
12/05/2012 – NORTHERN LIGHTS e SOUL MAKING @ FESTINTENDA, Mortegliano (UD)
12/05/2012 – THE JON SPENCER BLUES EXPLOSION @ LOCOMOTIV CLUB, Bologna
12/05/2012 – SIR OLIVER SKARDY & FAHRENHEIT 451 @ SIN CITY, Verona
13/05/2012 – METALLICA, GOJIRA e MACHINE HEAD @ STADIO FRIULI, Udine

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