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Archive for the ‘ARTISTA: Bi-Polar Sluts’ Category

ETICHETTA: Black Fading Records, New Model Label
GENERE: Hard rock

TRACKLIST:
1. Out-4-Dinner (Intro)
2. Aperiti”ve”
3. I Can’t Stand It
4. Keep Screaming (feat. Ginevra Casali)
5. Listen to Me
6. Treat U Bad
7. One Day
8. Never Trust a Woman
9. Vodka & Lime
10. Believe
11. Prelude To… (feat. Beppe Cantarelli, Luciano Girardengo, Georgeanne Kalweit)
12. Something to Kill the Pain
13. Sammy’s Backyard (feat. Beppe Cantarelli, Luciano Girardengo)
14. Back-4-Breakfast (Outro)

Non è questione di gusti: è lampante come alcuni generi (hard rock, metal, grunge, punk) abbiano visto percorse e ripercorse tutte le possibilità di evoluzione immaginabili ormai da un decennio abbondante. Altrettanto evidente è che chiunque ancora provi a battere quelle strade possa da un lato beneficiare di un numero considerevole di fanatici del genere scelto, e dall’altro debba combattere per non finire affossato nel baratro dei copioni e dei nemici dell’originalità, giustamente disprezzati dalla critica di mezzo mondo. Come in tanti altri filoni artistici, anche fuori dalla musica, a dare respiro a questi tuguri polverosi sono le retroguardie: pensate a quanto hanno annoiato gli AC/DC e tutti i loro cloni (Airbourne in particolare), mentre dietro le quinte imitatori e affezionati di vario genere dicono la loro perseguitando la scena con la loro personale interpretazione degli stilemi ormai triti e ritriti dei propri beniamini.
L’hard rock più tamarro dei Bi-Polar Sluts, tendenzialmente rivolto a quella scena americana che negli ultimi anni si è purtroppo contaminata sempre più spesso di metal ed emocore, spesso con lo squallore dello screamo più inadeguato a fare da confine tra i due, cerca invece nell’emulazione un senso di riscossa, andando a tastoni nel vuoto nel tentativo di emergere dallo stuolo di copie di copie per proporre qualcosa che sia anche lontanamente originale, ma comunque caratteristico, innovativo. Il risultato non possiede certo in toto questi requisiti, ma è uno squisito e pregiato lavoro di cattiveria preconfezionata, riff taglienti, super-incisivi e mai troppo temperati, con distorti a palla e una batteria supermartellante. Lo si chiamerebbe volentieri un party album, ma poi sembrerebbe musica demenziale, e non stiamo parlando di questo. “Keep Screaming” e “I Can’t Stand It”, pur in una innegabile frenesia metallica che sembra forzare sullo stesso stage primi Maiden e Motorhead, sono i due gioiellini del disco, o quantomeno se ne prevede la fruizione anche fisica che la gente può farne ai loro concerti. In poche parole, un po’ di sacrosanto pogo. Il livello del disco è sicuramente buono, con un senso della misura che li priva degli eccessi più roboanti di certe band troppo sensazionali degli ultimi anni, ma che li proietta verso un ricettacolo di pubblico più USA-oriented, o comunque in zone più abituate a sonorità di questo tipo (l’Europa dell’Est, l’Australia, il Giappone). Unici momenti che tendono a far zoppicare il tutto sono le ballad, in particolare “Something to Kill The Pain”, canzoni sicuramente ben composte e con una progressione studiata e ben incastonata all’interno dell’album nella sua interezza, ma che fondono l’hard rock più commerciale dei Darkness con la mellifluità di certi singoloni post-grunge di band come 3 Doors Down e Staind, privandole di quell’impatto raggiante e veemente che tutto il resto di questo lavoro possiede.

Collocati nel posto giusto, registrati e prodotti con la giusta “pacca”, possono davvero sfondare. Peccato non possano farlo in Italia, perché saprebbero, a piccole dosi, ravvivare una scena morta e sepolta che in Italia ha sempre faticato ad affermarsi. Bel lavoro.

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