Recensione a cura di RENATO RANCAN
ETICHETTA: DIY
GENERE: Doom, sludge
TRACKLIST:
01 – Ungod (6:23)
02 – Considerations/Commiserations (3:00)
03 – Avoid the relapse (3:06)
04 – Modern slave blues (4:48)
05 – The perfect mix (6:00)
Rumori di un galeone nelle acque di chissà quale pianeta, sembra legno ma è metallo, pesantissimo, bruciante e profondamente doom.
Riff monolitici e discretamente angoscianti, i ragazzi urlano e sbraitano mentre fanno girare i remi di questo galeone che viaggia senza meta, non c’è nemmeno una Moby Dick ad aspettarli.
Tutto nasce come sempre dai Black Sabbath, ma filtrati dai loro discepoli: quelli che più hanno abusato della Sweet Leaf, si parla di Sleep, Crowbar, EyeHateGod, Electric Wizard ma anche sprazzi di God Machine, Cathedral e pure Nirvana.
“Ungod” fa della monotonia il suo punto forte, un incedere marziale che esalta le distorsioni delle chitarre martellanti, quasi industrial. La seconda traccia, “Considerations/Commiserations”, dà invece qualche indizio di stanca, all’inizio ammicca a certo grunge per poi sfociare in una desert song.
C’è tanta sana ignoranza in questo lavoro, e va preso così, la cura del riff è spesso sopraffatta dalla voglia di incedere, di macinare le orecchie dell’ascoltatore, la cosa riesce bene ma quando il gruppo tenta un passo in più nascono i momenti più interessanti dell’EP, come al centro di “Modern slave blues” che rende più attento l’ascolto, mi auguro sia questa la strada futura della band visto il genere è già stato saturato dai loro predecessori.
“Tales of addiction and despair” è un lavoro già maturo, un po’ fisiologicamente monocorde ma che piace principalmente per le buone promesse per il futuro, non ci resta che aspettare questi giovani veneziani sulla lunga durata.