ETICHETTA: La Tempesta Dischi
GENERE: Pop, folk, reggae
TRACKLIST:
Come Mi Guardi Tu
I Cacciatori
Bugiardo
La Mia Vita Senza Te
Alle Anime Perse
La Fine del Giorno (Canto n° 3)
La Via di Casa
Bene Che Sia
E Poi Si Canta
Il Nuovo Ordine
Di Che Cosa Parla Veramente Una Canzone
I Tre Allegri Ragazzi Morti sono ormai un pezzo imprescindibile della storia della musica italiana. Connessi in maniera inscindibile alla realtà discografica più importante della scena indipendente, ovvero La Tempesta Dischi, sono portavoce di un linguaggio e di un modo di fare musica che riesce a collegare pop, rock e linguaggi radicalmente rivoluzionari in maniera comunque radiofonica ed immediata. Lo stile dei testi di Toffolo, noto anche come fumettista, si ripercuote da sempre sull’immaginario della band, portando le sue liriche ad un livello superiore, quasi come fossero disegni, schizzi di colore, dipinti. E’ stato cantato molte volte con essi l’amore, in termini a volte bambineschi a volte tragici, palesando comunque uno spirito adolescenziale che, nonostante gli anni dei componenti, non si è mai sopito, e facendo leva anche sulla vocazione comunicativa di un progetto che comunque trova nelle sue origini punk una sorta di senso sotterraneo di rivoluzione e di ribellione. Nel Giardino dei Fantasmi è il gradino ultimo di una scala che li porta ad aver raggiunto il modo perfetto di parlare di questo sentimento interno di sollevazione, appropriatisi concretamente di un linguaggio semplice ma che può trasmettere, sia ai giovani che ai meno giovani, l’idea che la musica possa anche avere un messaggio esortativo in grado di sobillare ed innalzare l’animo di una persona, spingendola a fare qualcosa per cambiare la situazione. I “fantasmi” contenuti in questo disco prendono la forma di persone defunte, di persone che non sono riuscite a realizzare il proprio sogno, che si sono smarrite. Un tragitto di evocazione, preghiera ed invocazione permea le undici tracce. Il tutto, dal punto di vista musicale, è realizzato strizzando l’occhio alle nuove contaminazioni che nella scena italiana stanno penetrando in maniera solida nell’impianto strutturale di molte delle storiche band nostrane, TARM inclusi: ecco quindi stabilizzate le influenze reggae, introiettate a dovere dopo lo shock dato dal repentino cambio di linguaggio avuto in Primitivi del Futuro, onnipresenti anche qui, fuse con una sorta di collezione di incursioni etniche, funk, blues, soul, guardando quindi più fuori che dentro il nostro panorama. E’ uno solo, difatti, il brano che ci può ricordare da dove derivano i Tre Allegri Ragazzi Morti più aggressivi e diretti, ovvero “La Via di Casa”, mentre si sfocia nella ballad melodica nella conclusiva “Di Che Cosa Parla Veramente Una Canzone”. Sono invece instant classic della loro discografia gli estratti che per primi sono stati dati in pasto al pubblico, ovvero “La Mia Vita Senza Te” e “La Fine del Giorno (Canto n° 3)”, fondamentali passaggi di un disco che riesce a raccontare con la semplicità di poche frasi, a mo’ di filastrocca, molto più di quanto le tonalità epiche e letterariamente dense di molti testi italiani degli ultimi anni riescano a fare. Necessario l’ascolto attento anche della cupa “Alle Anime Perse”, felicemente inscritta in un circolo di canzoni più tetre che da sempre fa capolino nelle tracklist dei dischi dei TARM, a tratteggiare un filo comune con l’estetica post-gotica e tetra dei disegni di Davide Toffolo.
Concludendo, i Tre Allegri Ragazzi Morti non hanno deluso le aspettative con un disco che ne attesta una maturità ormai raggiunta da tempo, che li costringe ad esplorare nuovi terreni per non ritrovarsi a ripetere cose già dette e già fatte. Che il risultato riesca ad emozionare non è cosa da poco, in un duemiladodici musicalmente vuoto dove i tentativi di dare allo snobismo della comunicazione hipster la palma di vera rappresentazione della musica italiana ha prodotto solo band passeggere infelicemente entrate e uscite nel cuore degli ascoltatori in una mezza stagione di intensi passaggi radio. La decennale carriera dei TARM ci ricorda che loro sono tra i pochi a non essere mai usciti dal cuore della gente, nonostante le evoluzioni, nonostante la semplicità della loro musica. Qualcosa vorrà dire.