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Archive for the ‘ETICHETTA: Disco Dada’ Category

WORA WORA WASHINGTON – RADICAL BENDING (Shyrec, 2012)
L’indie rock ballerino dalle forti tendenze electro dei Wora Wora Washington, veneziani già apprezzati con il precedente Techno Lovers, raggiunge la sua forma più perfetta. Migliora la produzione, migliora la costruzione dei brani, si affina la tecnica, non certo eccelsa ma comunque più che adeguata al genere proposto. Il vero lavoro sporco lo fa il sound, in una scelta di suoni veramente azzeccata che impreziosisce piccole perle post-punk/indie come “If It’s So Wow”, “Marbles” e “Dozen Frozen” di una carica notevole che si apprezzerà anche nei loro ottimi live set. Miracoloso? No, l’oceano sterminato di band che fanno la stessa cosa non glielo permette, ma troveranno senz’altro spazio in una scena per certi versi paralitica come quella nordestina e, successivamente, quella italiana, dominata da hipster pronti a negare di aver ascoltato, prima del successo, i Wora Wora Washington.
Radical Bending è un album potente, divertente, spensierato, senz’altro aggiunge del sale radio-friendly ad una produzione già largamente orecchiabile, fatta di melodie indimenticabili e anthem da stadio che, visto dove siamo, riempiranno solo i locali. Ma questo può bastare.

ILENIA VOLPE – RADICAL CHIC UN CAZZO (Disco Dada, 2012)
Ancora una volta Giorgio Canali, davvero onnipresente negli ultimi anni. La contiguità con l’artista prodotto, stavolta, è più palpabile. La rabbiosissima cantautrice romana porta sulla scena un disco veramente rock, ma rock nel senso classico, tra CCCP, primi Litfiba, Estra, Ritmo Tribale. La cattiveria politicizzata dei testi di Canali è presente in egual misura, ma si esplorano territori più grunge che non risparmiano né i Bush né gli Alice In Chains (“La Crocifinzione”, “Le Nostre Vergogne”, nel lato melodico del disco), con spazio nelle atmosfere testualmente più trasognanti ma dalla graffiante carica alt rock di “Gli Incubi di un Tubetto di Crema Arancione”. La cover di Direzioni Diverse del Teatro Degli Orrori arricchisce un pacchetto già di per sé molto ricco, che annovera tra i suoi assi nella manica anche uno splendido ed energico primo singolo estratto dal titolo “La Mia Professoressa di Italiano”.
Niente di nuovo sotto il sole, ma l’energia di Giorgio Canali, incanalata nell’ugola di Ilenia e nella mordacità di certi suoi testi, rivista sotto da una lente femminile, risulta ancora più impetuoso. Ecco perché non potrete ignorare un disco così.

STEREONOISES – COLOURS IN THE SKY (Seahorse Recordings, 2012)
U2, Coldplay, Stereophonics, Oasis. Ecco i riferimenti che, con un pizzico di elettronica, sentiamo in Colours In The Sky, disco molto British che raggiunge con una notevole immediatezza lo status di album commerciale pieno di ballad e momenti di grande godimento radiofonico. L’indice di gradimento cresce quando non si assomiglia troppo agli U2 (“Time”, “I’m Still Here” e “Tonight”), scende quando ci si avvicina in maniera esagerata (la debole title-track). “Makin A Circle” è senz’altro uno di quei momenti di ostinata dolcezza che piace ad un pubblico mediamente molto esteso, e nel disco rappresenta uno dei momenti più alti.
Colours In The Sky non è un gran disco, ma non è neppure drammaticamente brutto come si potrebbe presupporre. E’ troppo derivativo, in tutto, dai titoli dei pezzi al songwriting, ma si può senz’altro godere ed apprezzare quando non si cerca qualcosa di esageratamente complesso. Banale ma godibile, insomma.

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ETICHETTA: Discodada
GENERE: Cantautorale

TRACKLIST:
1. Terzetto nella Nebbia
2. La Luce Cinerea dei Led
3. Metafisica
4. Café Chantant
5. La Marcia dei Basilischi
6. Aloha
7. Luce del Mattino
8. La Controra
9. Acchiappasogni

Ad un personaggio come Umberto Palazzo è giusto tributare il dovuto rispetto, per il suo percorso artistico lungo e coerente come pochi, concretizzatosi negli anni in una serie di scelte sempre dirette e portate a termine in grande stile: DJ set, la direzione artistica di un locale (il Wake Up), dischi con Il Santo Niente e Il Santo Nada, altri progetti che circa venti anni fa arrivarono anche ad incrociare la strada dei nascenti Massimo Volume. Nel duemilaundici è l’ora del primo disco interamente solista, Canzoni della Notte e della Controra, testimonianza ultima di questo tracciato veramente completo, indice di una maturità raggiunta già da molto tempo e che in queste nove tracce di puro cantautorato, snellite al punto giusto da sterilizzarle dal recupero della tradizione che tanto piace ai modaioli degli ultimi anni, condensa lo stile e il senso di tutta la sua carriera.

Zero omaggi e zero citazioni in questo album, fatto principalmente di strumenti a corda e qualche synth, quasi privo anche di una sezione ritmica che esiste sotterraneamente ma emerge prepotentemente solo in “Terzetto nella Nebbia”, dagli echi beatlesiani. La batteria, consegnata a Gianluca Schiavon, è solo per un pezzo. Il folk più etnico di “La Controra” e la vecchia gloria “Aloha”, ripescata da Il Fiore dell’Agave, chiudono la cerchia dei brani più mossi, lasciando l’altra metà del disco ad una concezione più minimale ed eterea, una dimensione quasi anti-fisica che parte dalla strumentale “La Marcia dei Basilischi”, interessantissima prestazione artistica dall’incedere insicuro quanto originale.
L’unico brano veramente “già sentito” risulta l’ammiccante “Café Chantant”, conforme ad un folclore tipicamente italiano che da qualche decennio tanti imitatori esortano a ritornare in auge, ma senza successo. Tutto sommato, un brano onesto ma che non regala niente di più ad un ottimo album, letterariamente, musicalmente ed esteticamente pari o superiore a moltissime delle migliori realtà cantautorali degli ultimi anni (Brunori Sas e Vincenzo Fasano, per citarne un paio). Tutto questo senza che Palazzo sia un vero cantautore.
Il lascito di uno dei più grandi artisti italiani.

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