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Archive for the ‘ARTISTA: The Acorn’ Category

ETICHETTA: Bella Union
GENERE: Folk Rock

TRACKLIST:
1. Cobbled From Dust
2. Restoration
3. Misplaced
4. I Made The Law
5. Crossed Wires
6. On The Line
7. Bobcat Goldwraith
8. No Ghost
9. Slippery When Wet
10. Almanac
11. Kindling To Cremation

RECENSIONE:
Il folk rock e i suoi sodalizi scintillanti con l’indie sono qualcosa che ormai è diventato pane per i denti di tutti, un linguaggio assodato e diffuso, commestibile, giustamente elevato a stendardo di un filone che comunque ha i suoi tentacoli un po’ ovunque nella scena americana e britannica (ma anche in qualcosa di europeo-continentale).
I The Acorn vengono da anni di esperienza in un clima che pur non essendo quello statunitense pone lì i suoi campi d’azione più importanti (per la cronaca, sono canadesi), e nel sound queste cose rimangono. Lo si sente in quei pochi echi di Grizzly Bear e Deerhunter, ma soprattutto i conterranei Metric e i sempre presenti Elbow.
Questo prodotto, No Ghost, brilla anche per una produzione notevole, che aprirà alcune porte inedite alla band, probabilmente qualche interesse in più all’interno delle radio e dell’industria “pesante”. Ponendo la giusta attenzione sui contenuti, l’accento è immediatamente da marcare sopra l’apparato folk, con quelle ballad che comunque hanno un risvolto tragico nell’indole (la title track), qualche distorto, ma soprattutto qualche overdrive, ben piazzato, l’apporto melodrammatico del tipico inserto unplugged immancabile in ogni main act del panorama indiefolk (“Slippery When Wet” e “Cobbled From Dust”, la opener, struggente ma comunque azzeccata).  Su tutti il singolo “Restoration”, melodico ed orecchiabile al punto giusto, sicuramente perfetto per questa sua veste, ricorda certi Kings of Convenience più sostenuti, ma anche i sempreverdi (scusate il gioco di parole) Forest City Lovers e Plants and Animals. La voce di Klausener fa il resto, supportata da un accompagnamento sempre molto semplice, forse troppo, ma che utilizza dei pattern che sicuramente sanno ricreare un’ambientazione confacente al disco, che a tratti fa capire benissimo la loro provenienza geografica.
I linguaggi del disco sono quelli più tipici del folk. Le chitarre evocative, sopratutto negli arpeggi, i testi che vagheggiano tra una profondità intimista e una vaga gaiezza superficiale, la batteria minimale che conferisce un ottimo groove a quei brani più spensierati che comunque fanno del disco il giusto incontro tra le scorrazzate più uptempo del folk classico e la nuova, ipermalinconica, ondata new wave che si è infranta malamente contro il panorama indie portandosene via un pezzo, ma lasciandoci comunque la soddisfazione di ascoltare band come gli Acorn, nonostante il precedente, splendido, Glory Hope Mountain, rimanga insuperato.

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