Al New Age, bel localino coi prezzi delle consumazioni troppo cari (e chi non li ha ormai?) ma talvolta una buona acustica, in una zona tanto leghista quanto musicalmente attiva, pertanto ossimorica come poche, ci si è permessi di andare a vedere uno dei cantautori-rivelazione di questi anni di revival del genere. Dente, Dimartino, Vasco Brondi, Simona Gretchen, centinaia di altri, e poi Brunori Sas, distanziato così tanto in questo elenco perché dal sottoscritto ritenuto superiore a questa sfilza.
Il perché lo trovate nelle mie recensioni di Vol. 1 e Vol. 2, ma anche in questo articolo.
Dario Brunori, creatore di una piccola impresa che forse qualcosa inizia pure a fatturare, la Brunori SAS, sta portando in giro un tour con il quale si celebrano i successi di critica e pubblico del nuovo Vol. 2: Poveri Cristi. Con un titolo che prelude ai contenuti dello stesso, anche il live è comunque comodo per ascoltare le canzoni del cosentino, foss’anche la prima volta che lo ascoltate (nel senso che visto il genere i testi sono chiaramente comprensibili anche in una performance dal vivo). E’ così che ci si avvicina ad un microcosmo cupo, triste, malinconio, sofferente, dove i ricordi dei nati nei ’70 e negli ’80 si scontrano con quelle esperienze di vita vissuta a fallimenti nel lavoro e nelle storie d’amore che invece travalicano le parentesi spazio-temporali. Inoltre sarà che molti dei brani si fregiano di un realismo tale da rimanere impressi nella memoria non solo per alcune immagini dal grande impatto emotivo, ma anche per il linguaggio asciutto e diretto, ma alcuni sono destinati a diventare “instant classics” nonostante la breve carriera da solista dell’ex Blume: “Rosa”, “La Mosca”, “Lei, Lui, Firenze” e “Italian Dandy” in primis, ma anche la devastante “Il Giovane Mario” non scherza. Il concerto assume, chiaramente, una dimensione molto più goliardica: le battute, espediente che lo accomunano sicuramente all’amico Dente, ospite anche sul disco, risollevano il morale rispetto ai toni dimessi delle musiche e qualche arrangiamento più folk rock produce qualche danza tra il pubblico, omogeneamente diviso in età diverse. Ci si aggiunga la grande qualità di ogni singolo strumentista sul palco e avremo il vero valore aggiunto di questo set.
Inevitabilmente sentiremo parlare molto di questo progetto prossimamente. E’ sensazionale, sotto un certo punto di vista, vedere come anche un prodotto solo vagamente radio-friendly possa diventare alla portata di tutti grazie alla comunicatività del suo “uomo-immagine”. Per Brunori, confermarsi non solo un songwriter di qualità ma anche un geniale intrattenitore è la porta d’accesso per rimanere nell’olimpo dei protagonisti di questi primi decenni del nuovo millennio. O perlomeno, a Roncade ha dimostrato di meritarselo, del resto ne parleremo più avanti.