Ciao ai MasCara. Grazie per aver preso parte a questa intervista con The Webzine. Da vecchi contatti risalenti all’EP “L’Amore e la Filosofia”, conosciamo già il progetto, ma vi chiediamo di riassumere un po’ di punti chiave per chi invece vi stesse scoprendo solo ora. Dove, quando e perché nascono i MasCara?
Sarò breve , per quanto mi sarà possibile, (parla Lucantonio Fusaro cantante chitarrista dei MasCara) siamo una band della provincia di Varese nata nel 2007 . Da una piccola idea iniziale (poco a fuoco ad essere sinceri) ne è nata un’avventura che ci ha visti crescere passo dopo passo pubblicazione dopo pubblicazione. Partendo da quel “l’amore e la filosofia” del 2009 che ha fatto da apripista, in termini di recensioni, ci siamo ritrovati a scrivere e pubblicare il nostro primo disco, datato 2012, “Tutti Usciamo di Casa” che oltre a numerosi consensi ci ha permesso di portare in giro la nostra musica per la prima volta con un tour vero e proprio e tante belle aperture prestigiose (Giorgio Canali , Federico Fiumani, il Triangolo, Cosmo , Paletti etc…). Dopo tutta questa strada non potevamo di certo fermarci e quindi ci siamo rimessi a lavoro,mentre pubblicavamo Guerra un ep che omaggiava l’omonimo brano dei Litfiba, ed oggi siamo qui per raccontarvi il resto della storia. LVPI è il nostro secondo lavoro e segna un passo netto in avanti ,per noi naturalmente, sia in termini di scrittura sia in termini di collaborazioni. In tutta questa avventura siamo passati dall’essere super indipendenti (e assolutamente ingenui) a filtrare attraverso le maglie di una major come Universal per poi nuovamente tornare ad una totale indipendenza sopratutto in termini di produzione (mantenendo una certa ingenuità di fondo ma corazzata da una maggiore padronanza dei mezzi). Facciamo musica che guarda all’estero con riferimenti alla new wave e alla musica rock alternativa ma con radici profonde nel nostro paese, da sempre infatti abbiamo raccontato le nostre storie in Italiano, una scelta naturale e non di comodo.
Un paio d’anni fa su questo blog abbiamo recensito “Tutti Usciamo di Casa”, disco che all’epoca apprezzammo molto. Da ascoltatori, abbiamo notato una certa crescita nel vostro nuovo sforzo “LVPI”. Come si può sintetizzare il percorso che vi ha portato fino a qui, passando anche per l’EP Guerra?
Visto che ho riassunto in maniera cronologica i punti salienti della nostra storia accennando già ad un evoluzione, posso dirvi che il cambio di passo è sopratutto nell’attitudine: la velocità ha preso il posto delle lunghe code strumentali, l’epicità è stata sporcata da inserti elettronici e graffianti, c’è una generale tensione espressa in maniera più robusta che in precedenza. Forse prima molti ci credevano mainstream oriented, questa volta credo che quest’aura sia stata smontata completamente. C’è più verità (fedeltà di esecuzione) e meno riempimento. Non ci siamo naturalmente dimenticati della produzione, dei dettagli e della scrittura. Ci sono costanti nel nostro approccio ma sono come pilastri per un nuovo corso, questo è certo. Quindi da un’iniziale approccio del tipo “ok possiamo fare tutto nel 2012 visto che ci sono i mezzi tecnologici per poter simulare una sezione d’archi di 200 elementi” a “raccontiamo una storia con ciò che abbiamo ma facciamo comunque in grande, senza tentare di ridimensionare le ambizioni”.
“Secondo il sistema della metafisica aristotelica, il caos può essere definito soltanto come assenza di ordine”. Chi apre il vostro sito sente subito questa frase. Pensate che la vostra musica sia in definitiva “assenza di ordine”?
Credo che questo lavoro abbia preso spunto dalla paura e dal Caos: i due personaggi Isaac e Laica (i personaggi della copertina del lavoro) sono immersi in questa città sull’orlo del collasso, un ambientazione urbana fatta di scontri e lotte continue. Mi piaceva raccontare due modi di affrontare questo panico e di vedere che tipo di impatto avesse sui protagonisti. Un movimento che prima li avvicina e poi li allontana definitivamente. E’ una sorta di step successivo a Tutti Usciamo Di Casa anche nella scelta di un unico mood che rappresenta il lavoro, le tinte scurissime, i rumori, i suoni metallici dovevano creare questo ambiente apprimente in cui il caos è dettato dal passo marziale e imprevedibile della sezione ritmica.
Spulciando tra le recensioni che i vari critici musicali vi hanno dedicato, “LVPI” è ricondotto spesso a etichette iperabusate come “post-punk”, “new wave”, “alternative rock”. Vi riconoscete in qualcuna di queste? Vi siete stancati di essere etichettati così?
Mi stancherei se lo dicessero 200.000 persone, per una dozzina di mesi continuativi, ad oggi è la stampa che racconta e che ha bisogno di “etichette” o meglio di categorie per chiarire ai lettori dove si posiziona un lavoro. Chi parla della new wave non prende mica un abbaglio, ma chi ci liquida solo con quel tipo di movimento si sbaglia. Dico così perchè ci sono tantissimi aspetti che ci allontanano da quell’estetica e ci avvicina a cosa molte più contemporanee. Io ci sento certi Prodigy ci sento i TV on the Radio i Mew i Clock Opera. Gente che affronta le tinte scure con atteggiamenti più particolari ed eclettici rispetto alla più consueta attitudine marziale e ripetitiva della stranota cordata new wave del passato e del presente. Ma comprendo quando si tirano in ballo gli Editors per esempio e non perchè pensi che sia fico dire “gli Editors italiani” ma solo per un certo senso epico e una timbrica vocale che per forza di cose richiama quella band. Per ora non abbiamo ancora un vestito così stretto da cui dover fuggire , non lo abbiamo mai avuto. Facciamo qualcosa che non è fedele al seme originale pur richiamandolo in più occasioni. Chi ha buon orecchio e voglia di soffermarsi sui dischi lo sente il resto giustamente prende il nome che più somiglia a quello che proponi. Ma fino a che questo non diventa un limite per noi o che non diventa vero, non mi pongo alcun tipo di problema.
Al primo ascolto si percepisce distintamente una certa raffinatezza nelle scelte lessicali. Quanto contano le parole in un brano dei MasCara?
Pesano parecchio per me , pesano perchè voglio evitare la faciloneria ma allo stesso tempo non voglio complicare il tutto. In questo lavoro ho tentato di avvicinarmi di più ai personaggi, non volare troppo alto, vedere perfettamente la situazione, scegliere i colori giusti e sentire gli odori di una città che cade a pezzi. Non so se sia raffinato, credo che sia pensante più che altro, cioè che pone dei quesiti più che dare risposte, che usa immagini decise senza buttarsi nel più classico degli elenchi (che vanno di moda così tanto da essere lo stile comunicativo di politici e mestieranti vari) Il mio intento è quello di suscitare emozioni e per questo lavoro parecchio sui dettagli del testo dopo una prima stesura.Ho bisogno di una storia, come se non mi bastasse scrivere una canzone, e c’è quindi una forma che forse può sembrare anacronistica alcune volte. Sono così certosino che chiudo i brani a ridosso della registrazione se non in registrazione stessa, con ovvie bestemmie di tutti.
Cosa bisogna aspettarsi da un live dei MasCara? Quali appuntamenti di questa estate pensate permetteranno al vostro sound di essere recepito meglio?
I festival sono i palchi più adatti per noi (siamo in 5 di cui il solo Simone alle tastiere si “ciuccia” metà dello spazio a disposizione). I palchi più grandi permettono ai nostri suoni di avere respiro. Coprire tutti gli spazi come facciamo noi , all’interno di ambienti piccoli, può risultare molto controporducente in termini di intellegibilità. Un conto è l’atmosfera un contro è l’intasamento. Non facendo Shoegaze certe sfumature diventano più disturbanti che altro, ed una cosa che mi è pesato nello scorso tour è che molto spesso ci dicevano che non si sentiva la voce. Se canti e lo fai in italiano è fondamentale che si sentano le parole e quindi dobbiamo sempre tener conto che l’intasamento ci mette in difficoltà sotto questo aspetto. E’anche vero però che l’esperienza ormai ci ha resi elastici e a seconda della situazione siamo abbastanza sicuri di cosa sacrificare e tenere a bada. Dai live dei MasCara oggi vi dovete aspettare un bell’impatto iniziale e una tensione che rimane costante e viva come nel disco, è una corsa in un tunnel e noi vi diamo la caccia senza mai mollare un solo istante.
In questi tempi di crisi nera per la discografia e per la cultura in genere, una crisi forse più profonda di quella economica di cui tanto si parla, cosa pensate debba fare un progetto come il vostro per emergere e distinguersi?
In primis stare in piedi. Nonostante le numerose difficoltà e le mancate occasioni devi rimanere ancorato a terra. Se non ce la fai (mi capita spessissimo) mandi all’aria tutto.Io devo anche ammettere che non sono per un lavoro da formichine che piano piano raccolgono le bricioline e ne fanno tesoro , come spesso si sente dire nel nostro ambiente (manco fosse stato scritto sulla Bibbia), sono per i passi giusti e gli azzardi. Ogni tanto per portarti la mano vincente a casa devi provare a fare un salto inaspettato ed imprevedibile. Non puoi sempre lavorare sugli scarti. Mia mamma mi raccontava sempre la storia della cicala e la formica, di tutto quel cantare e rosicare, ecco a me la formica mia stava sul cazzo da sempre, quindi non ce la faccio sempre a fare quel tipo di ragionamento. Per emergere devi osare, che non significa fare l’asino o fare il colpaccio, ma avere il coraggio di rimanere sulla tua idea e dimostrare di stare in piedi e di credere in quello che stai facendo anche se ti dicono che sbagli.
Secondo voi è un problema più grave la sovrabbondanza di band o la poca cultura e predisposizione all’ascolto del pubblico medio italiano? Non avete l’impressione che la musica sia ascoltata più per abitudine che per passione e che a poche persone interessino i testi e il songwriting nel 2014?
Tutti abbiamo perso il valore dell’arte. la musica è intrattenimento ma è anche arte e non si può sempre oscillare tra i due poli a seconda di come ci fa comodo. Provo a spiegarmi meglio: non è solo ego o espressione di un esigenza personale è anche un dono verso l’arricchimento culturale che fa bene all’artista stesso ma anche alla società in cui vive. Non è essere utopisti è piuttosto il cercare equilibrio tra campare (fare i soldi) e donare qualcosa che resti dopo di te nel senso più alto del termine. Poi se decidi che le tue cose sono come farfalle che vivono un giorno, libero di farlo, per me è un discorso più grande invece. Credo che quasi tutti si siano rassegnati a guardare all’oggi perchè il futuro è una merda e cose del genere, ma io personalmente , mi sono stancato della filastrocca e quindi non mi pongo la questione Troppe band + ascolto passivo = fine della musica. Credo che manchi il concetto di qualità. Se lo chiedi in giro nessuno ti da una risposta ed è abbastanza un problema a mio modo di vedere. Se non hai idea di cosa nel 2014 sia un prodotto di qualità (con tutte le implicazioni e sfumature che può avere un concetto come questo) è un problema grosso poi valutare un progetto. Oggi in Italia si fa quello che si è sempre fatto: ascolti in media la pancia e vai con Dio. Se gli italiani usassero il cervello non saremmo mica il buco del culo del mondo. “lottare” per mettere i puntini sulle i piuttosto che urlarli è un dovere che mi pongo come persona in primis anche se so che alla fine gli ascoltatori italiani in media ragionano con lo stomaco.
Pensate che il mondo della critica musicale sia utile all’affermazione di un progetto come il vostro? Cosa devono imparare i recensori prima di parlare di un disco, secondo voi?
Credo che sia un attore indispensabile perché fa parte del gioco: è come se mi chiedessi se ha senso nel gioco degli scacchi la figura del cavallo. C’è e ha un suo peso specifico a seconda di quanto tu vali come giocatore. Naturalmente poi si possono fare delle considerazioni in merito alla bravura o alla cura che la critica mette in gioco nel recensire un disco, ma siamo su un piano diverso. Se sei una band emergente senza un suo pubblico diventa indispensabile ricevere i giudizi della critica, forse risulta meno indispensabile se puoi permetterti di far valutare al tuo pubblico il tuo operato.
Ultima domanda: siete soddisfatti di come il pubblico italiano reagisce alla vostra produzione discografica e ai vostri live? Pensate che altrove potrebbero esserci condizioni più o meno favorevoli di quelle che ci sono qui?
Scrivendo in italiano non ci siamo mai posti il quesito sinceramente. E’ pur vero che se fai un confronto con l’estero siamo indietro chilometri, ma lo siamo in generale su tutto, perché per la musica dovrebbe essere differente? Quello che non capisco in alcuni casi è quando si parla di progetti italiani derivativi. E’ ovvio che tutti ci si ispiri alla cultura dominante, altrimenti non sarebbe Dominante! Mi fa sorridere quando si dice che certi generi non siano adatti in italiano e che così facendo si scimmiottano magari gli inglesi o gli americani. Io trovo che avere per forza un progetto cantato in inglese (perchè suona meglio etc…) così ti confronti con l’estero è solo un ennesimo ed estremo atto di sudditanza, che è peggio che lo scimmiottare. A mio modo di vedere vuol dire che preferiresti essere nato inglese piuttosto che italiano e personalmente lo rifiuto. Un americano ti porterebbe via le conoscenze culinarie ma mai mai e poi mai cambierebbe la propria origine con quella di un francese o un’inglese o un italiano. In definitiva preferisco fare mio il meglio che viene dall’estero , cioè il massimo che posso ricevere da una cultura differente dalla mia , e capire se ci sono i termini per renderla una ricchezza aggiuntiva a ciò che già posseggo.
Ad oggi sono molto contento di quanto raccolto ma la fatica è tanta e a volte la rabbia o la delusione è dietro l’angolo. Devo anche dire che il più delle volte questa fatica è sana e ne veniamo fuori sempre rigenerati e più forti, ricevere tante recensioni e aver avuto subito una buona dose di live ci ha subito dato la giusta dose di fiducia per fare sicuramente una grande stagione.
Grazie per aver preso parte a questa intervista, per noi è sempre un piacere ascoltare la vostra musica e di conseguenza anche poterne parlare con voi. A presto.
Grazie mille
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