Recensione di ANDREA MARIGO
ETICHETTA: Jagjaguwar, 4ad
GENERE: Folk, alternative
TRACKLIST:
1. Perth
2. Minnesota
3. Holocene
4. Towers
5. Michicant
6. Hinnom, TX
7. Wash
8. Calgary
9. Lisbon, OH
10. Beth/Rest
VOTO: 3.5/5
Justin Vernon aveva sorpreso tutti nel 2008 con il bellʼesordio “For Emma, Forever Ago”, album composto in solitudine, in una baita, disperso nei boschi e nella neve.
Lʼ attesa per questo secondo album era grande.
Justin Vernon, in arte Bon Iver, non è più quello del primo album, almeno musicalmente
parlando.
Ma, ma, ma, ma attenzione: il cambiamento, come a volte accade, non è sinonimo di passi indietro, ma di crescita, artistica sʼ intende. Nel suo nuovo lavoro il buon Justin cambia lʼapproccio e gli ingredienti ai brani, lascia invariato il suo modo di porre la voce, in quello strano falsetto, tanto particolare quanto piacevole, ma riempie i pezzi colorandoli in maniera differente e più ampia rispetto al
passato.
La chitarra acustica lascia spazio più volentieri alla chitarra elettrica, come in “Perth”, canzone bellissima e “Holocene”, altra perla, e così fa pure in “Towers” e “Michicant”.
Atmosfere che dipingono paesaggi emozionanti nel loro piccolo, nella loro intima semplicità (la copertina parla chiaro), questi sono i pezzi migliori dellʼ album.
In “Wash” appare un pianoforte, leggero, fantastico e degli archi che danno morbidezza e fanno da quinta teatrale al brano.
Altra misura che adotta, per cercar di dar vita a quel velo di intima ma benefica solitudine notturna che da sempre caratterizza i suoi brani, è lʼ uso di batterie mai invadenti in molti brani, come in “Minnesota, WI”.
Riaffiora poi qualche chitarra acustica “Calgary” arrivando ad usare atmosfere e tastiere pop anni 80 con percussioni sintetizzate “Hinnom, TX” e “Beth/Rest” esperimento bruttino a mio avviso, soprattutto nella traccia di chiusura dellʼ album.
In “Lisbon, OH” sfiora le intro dei Sigur Ros, a modo suo, ma qui è davvero bravo.
Bon Iver, Bon Iver ci mostra quindi un nuovo lato del cantautore americano, quel poco meno romantico rispetto allʼesordio, ma più vario.
La critica è sulla discontinuità che lʼ album presenta, causa i brani in cui vuole esagerare staccandosi da quello che sa fare meglio: il folk, anche con la chitarra elettrica.
Infine comunque pollice in su per Vernon, che ha dato conferma di essere un bravo artista, sincero, che sa fare buoni dischi.