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Archive for the ‘ETICHETTA: Tannen Records’ Category

ETICHETTA: Tannen
GENERE: Post-punk

TRACKLIST:
Rosario
E Tu Non Ci Sei
I Diari del Kamikaze
Drive In
Le Ali di Alì
Si Appressa la Morte, Non C’è Dato Sapere Cosa C’è Aldiqua
Santa Brigida
Se Me Lo Chiedi Dolcemente
Dentro i Battimenti delle Rondini
Sono Il Mio Passeggero
Le Mostre di Pittura

In Italia c’è un fenomeno alternativo a quello, sempre più sopravvalutato, delle superband: le superband di qualità, ovvero quando artisti davvero poliedrici e con qualcosa da dire si coalizzano per produrre qualcosa che sia davvero interessante. Non succede spesso, diremmo anzi quasi mai, ma il progetto denominato Craxi rientra appieno in questa categoria di spessore, non solo perché dietro lo pseudonimo politico (molto meno politico dei testi, a testimoniare che la scelta è più di “suono” del nome scelto, più che di vera vicinanza alla figura socialista in questione, e fortunatamente, s’aggiungerebbe…) si celano Alessandro Fiori, Enrico Gabrielli, Andrea Belfi e Luca Cavina, tutti eccellenti musicisti con un bagaglio curricolare pesantissimo e una qualità compositiva eccelsa, ma anche perché il risultato vale davvero più di un attento ascolto. Tra noise, post-punk e pop dall’estetica classica, i riferimenti si sprecano, riportando con superba maestria qualcosa che assomiglia a degli Shellac jazzati arrangiati da original score di qualche serie poliziesca, e testi derivati dalla più bella tradizione italiana. Il risultato è quantomeno strano, forse perché la cultura musicale dei quattro è talmente estesa che produrre coesione diventa difficile, forse perché la coerenza non era nemmeno ricercata, ma lungi da noi perseguire l’idea che questo Dentro i Battimenti delle Rondini sia un polpettone senza direzione. Il disco è infatti un’uscita imprescindibile dell’anno appena finito, realizzazione concreta di un’ideale di musica che la Tannen rappresenta, come etichetta, meglio di chiunque altro, e che questi artisti incarnano nel migliore dei modi: più si conosce di musica, sapendola anche suonare, più si riesce a stupire, sconvolgendo e stravolgendo ogni linguaggio che possa regolare la scena. Bettino non lo rivalutiamo, ma questo quartetto c’è piaciuto.

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ETICHETTA: Tannen Records
GENERE: Avant, space rock

TRACKLIST:
1. 7th Moon of Mars
2. Emerson Laura Palmer
3. Everything is Smiling From The Ceiling
4. Help Me Grampa
5. La Corsa del Lupo
6. Sargasso Sea
7. Mr. Sandman
8. Harmonium
9. Anguane

I numi tutelari di questo quintetto padovano sono senz’altro i Jennifer Gentle: Marco Fasolo, presente sia in regia che in fase di arrangiamento, è in effetti parte integrante di questo progetto che, giunto al secondo disco, segna in maniera indelebile la discografia italiana con un’uscita di grandissimo rilievo.
Le atmosfere sono dark, scure, soffuse, non brilla molta luce ma le ombre proiettano comunque immagini caleidoscopiche di grande varietà, dando vita ad un universo psichedelico di indubbio valore estetico. I contenuti sono originali, ricordando vagamente primi Pink Floyd, Yellow Swans e Birchville Cat Motel. Drone e avant-garde sono tra gli ingredienti più abbondantemente disseminati lungo tutti i nove brani, dal folk ultrapsichedelico di “Everything Is Smiling From The Ceiling” alla chiusura lenta e trascinata che strizza l’occhio a Burning Star Core e Hair Police (la title-track “Anguane”). Rispetto all’ottimo Yawling Night Songs la crescita è evidente, una rilettura senz’altro più originale di certo space rock à-la Motorpsycho, anche se le vere sorprese sono le lente e quasi militari “Harmonium” e Sargasso Sea”, che non risparmiano capatine in un genere che sta diventando piuttosto di moda nell’ambiente indie: il glitch di “La Corsa del Lupo”.

Il disco è vario, complesso, non manca di trascinare l’ascoltatore per i sentieri impervi dell’ambient e del drone, del post-rock e dello space. L’eccessiva presenza di diversi linguaggi è straordinariamente declinata in nove brani perfetti dalla prima all’ultima nota, come poche altre band, soprattutto in un panorama vuoto come quello nordestino, riescono a fare negli ultimi anni. Il viaggio personale di questa realtà onirica e ancestrale che sono gli Slumberwood non può che attestare il raggiungimento di un livello di maturità incredibile per la discografia italiana.

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Recensione di GIACOMO “JACK” CASILE
ETICHETTA:  Tannen Records
GENERE: Pop rock

TRACKLIST:
1. Cowards
2. Do You Remember
3. Love Love Love
4. Fat Boys
5. Soldier of Love
6. There’s no Need to Complicate This Life, Everything is Gonna Be Alright
7. Fabienne
8. Confession
9. Your Picture
10. Around Here
11. The Goonies ‘r Good Enough

Ormai è dagli inizi degli anni zero che il mainstream musicale pone grande attenzione verso qualunque band proponga un revival rock a cavallo tra il garage e melodie di chiaro stampo brit pop. Tutto è iniziato grazie al successo ottenuto da band come The Strokes e Franz Ferdinand con i rispettivi dischi d’esordio. Da allora questa forma di indie rock è diventata tra le più inflazionate degli ultimi anni con migliaia di uscite discografiche tutte uguali e di una banalità incredibile. Ecco allora spuntare da ogni parte del mondo band che si cimentano nelle modaiole sonorità British; infatti, anche questo “Eleven” dei nostrani Home, qui alle prese con il terzo lavoro in studio, propone esattamente tutti gli stereotipi del genere. Tutti i brani presentano strutture abbastanza semplici e melodie easy listening che si rifanno ai vari The Hives, Arctic Monkeys, The Vines et similia. La produzione del disco è ottima e i musicisti dimostrano un buon bagaglio tecnico, ma le canzoni sono troppo poco personali. Ogni traccia riporta in mente qualcosa di già sentito e nessuna riesce a spiccare nel mucchio, però si tratta indubbiamente di motivetti costruiti bene che le nuove generazioni cresciute a pane e brit pop apprezzeranno. Io dalla mia posso dire solo che nell’ultimo decennio raramente abbiamo assistito a proposte musicali originali, ma questa specie di indie rock da classifica di anno in anno risulta sempre più fastidioso e banale poichè vengono riproposte sempre le solite melodie ormai vecchie come il cucco con la variante solo della produzione moderna. Visto che di questi ultimi tempi la moda è stata il revival, spero di cuore che ritornino alla ribalta le sonorità rabbiose degli anni 90, almeno così riascolteremo un pò di vera musica alternativa e indipendente.

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PROSSIME DATE
14 gennaio 2012 – SIDRO CLUB, Savignano sul Rubicone (FC)

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ETICHETTA: Tannen Records
GENERE: Post-punk, alternative rock

TRACKLIST:
1. Innerself Surgery
2. Silver Strawberry For A Bullet
3. Super Void
4. Useless Crash
5. Throat Miners
6. Scorpio Rising
7. Forzier
8. Dust Tiger
9. Grass Snake Vertigo
10. Deathfuck
11. Ted Sad
12. Slap You
13. Carcharodan Carcharias

Ci sono pochissimi motivi per continuare a sostenere il proliferare inarrestabile di gruppi post-punk, che in centinaia di declinazioni diverse stanno spopolando sempre più. E’ difficile individuare band davvero originali in questo calderone ma negli album che si salvano merita una menzione speciale proprio Innerself Surgery dei Laser Geyser.
IS è un disco assolutamente vario, senza nessun ingrediente lasciato al caso; miscelando hardcore punk, alternative rock, stoner e post-punk di derivazione eighties, convergono verso quella scena che in Italia è rappresentata da band come Love in Elevator, Laida Bologna Crew (due di loro erano proprio in questa formazione), One Dimensional Man del primo periodo e molti altri. Le diverse incarnazioni che il trio riesce a portare in campo però rendono il prodotto più vario, a partire dalla travolgente energia della title-track, di “Silver Strawberry For A Bullet” e di “Slap You”, senza dimenticare le derive deliranti à-la Fugazi che sporcano un po’ tutto il disco di una venatura post-hardcore internazionale che trascina l’album inesorabilmente verso un apprezzamento più ampio.
Testualmente inquietano i testi molto apocalittici, quasi distopici (si legge in essi una sorta di visione utopica alla Edward Bellamy, ma rivoltata al contrario, oppure un Orwell più violento che ha imparato il pessimismo leopardiano comparandolo con Nietzsche), a disegnare un quadretto molto oscuro ma sobrio che ben si sposa con le atmosfere crude ma contemporaneamente semplici e mai troppo virtuose delle tredici canzoni.

E’ evidente, brano per brano, come una band perfettamente conscia di cosa significa muoversi in un genere così ampio ma ormai già percorso in lungo e in largo da migliaia di gruppi in tutto il mondo; il tentativo di non risultare banali riesce quasi sempre, tranne in alcuni momenti (“Useless Crash” e “Forzier” su tutti) che ricordano un po’ troppo alcune delle band sopracitate. Tutto sommato la versione italiana di una fusione perfezionista di Drive Like Jehu, Black Flag, June of 44 e Mission of Burma. E cosa volete di più?

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ETICHETTA: Tannen Records
GENERE: Elettronica, avantgarde

TRACKLIST:
1. Another World
2. C12H17N204P
3. Free Tibet
4. Il Primo Volo Parte I
5. Il Primo Volo Parte II
6. Sinfonia (Preludio)
7. Sinfonia (Elettronica Contemporanea)
8. Hermes
9. Trismegisto
10. Musicogeny

Spettro visibile od udibile? Si direbbe quasi che tutta la cultura degli ultimi trent’anni in fatto di musica elettronica sia contenuta in questo lavoro di un duo (all’anagrafe Beltramini e Zattera), i Cyber Society, che se ne esce con un prodotto di grande qualità, la cui levatura scalfisce involontariamente tutti i dischi italiani più importanti nel genere per accostarsi a loro. Per scoprire tutto questo basta un ascolto, per abbeverare la propria mente di un miscuglio eterogeneo ma perfettamente congeniato di elettronica d’avanguardia, jazz, breakbeat, electrofunk, percussionistica tribaleggiante e schizzi classico-orchestrali. Solo dieci i brani, molti di più gli ingredienti che contengono. Vacillando tra distensioni quasi prog (“Sinfonia”) e rimbombi acid jazz (“Trismegisto”), ci si colloca agilmente negli spazi ancora liberi dell’avanguardia italiana, evitando tutta la fuffa dark resuscitata negli ultimi anni per proporre un vero e proprio manifesto di “elettronica contemporanea”, grazie ad una genialità nella composizione che stupisce da “Another World”, brillante quanto tetra introduzione (ma degna di questo titolo), fino al neo-ambient di “Musicogeny”, elemento che scorrazza lungo tutto il disco rendendolo variopinto anche grazie ad un range di suoni vastissimo che non risparmia i campionamenti al di là degli strumenti suonati, che comunque esistono e fanno un gran lavoro, fiati compresi. Schizofrenia puramente ambient è reperibile in “Free Tibet”, mentre con “Hermes” si emigra nella troposfera dei Portishead.
Poco spazio a qualche comunque scintillante momento danzereccio, mentre Aphex Twin e Four Tet insieme ad Amon Tobin brindano ad una nuova band ben contaminata dalla loro nevrastenia.

Uno dei migliori, se non il migliore, dischi di elettronica dell’ultimo decennio. Immancabile nella collezione di tutti gli elettronicofili.

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ETICHETTA: Tannen Records
GENERE: Indie pop, power pop

TRACKLIST:
1. Spinning Round The Wheel
2. So Far So Close
3. Sleep It Off
4. Elizabeth
5. Evelyn Town
6. Enemies for Friends
7. The Meaning of Fire
8. One by One
9. Sweetest Lullaby
10. Dirty Tricks

C’est La Vie.
Proprio così. La spensieratezza che si contrappone al senso di disagio che la vita quotidianamente infonde. Questa vita, perlomeno. E’ questo, il nuovo disco dei Radio Days. Essenziale metodo lenitivo per le piaghe della nostra esistenza.
Attenzione, occorre non esagerare: siamo di fronte ad un piccolo, geniale se vogliamo, esperimento indie pop venuto in soccorso della sciatta scena italiana, piena di elementi importanti ma anche di individuali tentativi di riscatto che fungono solo da spartiacque, da insicure barriere prive di succo. Non si collocano in questa categoria i dieci brani dei Radio Days, sospesi tra killer tunes e sferzate à-la-Alex Chilton, dove non ci s’impregna mai di toni eminentemente e prepotentemente rock, ma si strugge nella dolcezza sommessa di molte ballads, spesso intensi episodi nerdacchioni che ricordano parzialmente gli Weezer dei bei tempi (Pinkerton? Ma non solo).

Sostanzialmente si riesce, con C’est La Vie, a delineare lo specchietto informativo di tutta una scena power pop (e indie pop) come piace alla scena attuale. Tra tonalità beach e surf, il punk leggero dei nuovi linguaggi new wave, e il vecchio brit pop, si stagliano eminenti le influenze ramonesiane, che mai possono mancare in un disco che si possa definire moderno, termine che esplicita effettivamente tutte le derivazioni dei decenni presenti (cioè anche dei settanta e degli ottanta, totalmente presenti anche in questo album).
La maturità palese e quasi mai celata del songwriting tradisce una certa percentuale d’imprecisione tecnica, che non sbilancia in nessun modo il verdetto finale: un disco pressoché ottimo, a passo coi tempi, fresco e puro. Per voi.

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