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Archive for the ‘ETICHETTA: Polydor’ Category

ETICHETTA: Interscope/Polydor
GENERE: Nu metal, rap metal

TRACKLIST:
1. Introbra
2. Bring it Back
3. Gold Cobra
4. Shark Attack
5. Get a Life
6. Shotgun
7. Douche Bag
8. Walking Away
9. Loser
10. Autotunage
11. 90.2.10
12. Why Try
13. Killer In You

Sono di nuovo qui, i Limp Bizkit, dopo tutti questi anni, con il rientro di Wes Borland da cui è scaturito l’ennesimo tentativo di riavvicinare la band al sound originario. Effettivamente, Gold Cobra è un disco valido, e nessuno potrà criticare il fatto che, nel genere a cui appartengono, quel rap-metal impropriamente definito “nu” negli anni novanta, questo disco rappresenti sicuramente uno dei pochi elementi buoni tra tutti quelli buttati fuori da quelle band annualmente occupate a raschiare al fondo del barile, evoluzione più evoluzione meno (Korn, Linkin Park, Papa Roach, Sevendust, ecc.). Nessuno potrebbe pretendere la perfezione da una band morta e sepolta come i Limp Bizkit, con elementi ormai quarantenni che giocano ai ventenni ancora intenti a sedurre il pubblico con testi riguardanti droga, fucili, sesso e violenza di vario tipo. E loro, infatti, non ce l’hanno data. Cosa ci hanno dato invece?

Gold Cobra, in un altro contesto, rappresenta quello che Death Magnetic è stato pochi anni fa per i ‘Tallica: un buon disco con qualche eccesso (passabile) di troppo, ma con il terribile difetto di essere uscito in palese ritardo. Il nu metal non vende più milioni di copie e farlo bene o male non cambierà l’antifona: le mode passano, e questo, a suo modo, è anche un fattore positivo. Una iperproduzione che nasconde bene le pecche vocali dell’ormai rancido Fred Durst e limita anche Dj Lethal, ancora scatenato solo nei live, riesce a rendere pienamente godibili brani come “Douche Bag”, la title-track e “Shotgun”, quest’ultima con un finale tamarro che alcuni non gli perdoneranno, ma che abbiamo apprezzato alquanto. La mancanza di originalità era talmente ovvia che non ne stiamo neppure a discutere, così come l’ottima performance di Rivers e Borland, vere menti dietro a questa nuova uscita.

Sostanzialmente, la svolta melodica che se da un lato sanciva una certa maturità dall’altro ne decretava il fallimento musicale, è scomparsa di nuovo, tornando a prima di Results May Vary e inabissando la delusione seguita a The Unquestionable Truth (Part 1). Il sound degli inizi è presente, e i soldi guadagnati con tutte le copie vendute e i tour trionfali nel decennio passato hanno permesso alla band di registrare un disco potentissimo e, a livello di sonorità, a passo coi tempi, seppur, ci ripetiamo, lo stile sia sorpassato da anni. Li attendiamo al varco per capire se continueranno a scavare sotto il pavimento del pozzo o si inventeranno qualcosa di nuovo, in ogni caso, tolti un paio di pezzi deboli (“Shark Attack” e “Walking Away”) Gold Cobra è innegabilmente un disco godibile.

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