Recensione scritta per Music Opinion Network
ETICHETTA: Novunque
GENERE: Musica d’autore
Poetry, titolo dell’ultimo lavoro del cantautore casertano trapiantato a Roma Valerio Piccolo, trova questo suo nome proprio dal materiale che ha originato il disco che stiamo recensendo: nove poesie che l’artista ha fatto comporre per il progetto in questione da autori letterari e musicisti americani. I nomi non sono certo sconosciuti poiché parliamo della storica cantautrice californiana Suzanne Vega, l’autore del best seller The Fortress of Solitude (in italiano La Fortezza della Solitudine) Jonathan Lethem, il critico musicale del New Yorker Ben Greeman e molti altri. I consensi raccolti dall’artista in ambito musicale ma anche teatrale lo hanno visto legarsi più volte a doppio filo con il mondo newyorkese e collaborare con tantissimi esponenti della scena italiana e non (Paola Turci, Andrea Costa dei Quintorigo, Neri Marcoré e un’infinità di altri) e si può certo dire che tutta questa esperienza in ambito di collaborazioni gli ha permesso di scegliersi in maniera molto accurata anche le figure di cui si è attorniato stavolta.
Nel disco, che per la cronaca è in lingua italica tradotta direttamente da Valerio, riappare anche il già citato Marcoré nella splendida “Maledizione”, filippica contro un innominato destinatario carica di una tensione in equilibrio tra il comico dei poeti giullareschi del trecento (come l’aretino Cenne de la Chitarra) e l’insulto velato, mai volgare. “Chiacchiere da Bar” ci porta nel mondo della quotidianità, dove la banalità delle giornate porta a dare significato alle dicerie e ai cicalecci più che a ciò che realmente si conosce o dovrebbe importare. Logicamente, bar e osterie, ma anche barbieri e saloni di bellezza, sono il luogo ideale per questa pratica talvolta vicina alla diffamazione. Non è un caso, di conseguenza, se il concetto del locale ritorna anche nella conclusiva “Un Barman all’Inferno”, distesa e melodica conclusione di un disco che si configura più come un mosaico di armonia ed proporzione, mentre discordia, dissonanza e cacofonia rimangono solo nel contenuto dell’universo lirico. La poetessa Sarah Manguso (autrice di una delle poesie ispiratrici del progetto), del resto, aveva scritto sei anni fa (e qui parliamo di prosa) The Two Kinds of Decay. Il mondo della recitazione entra a pié pari nell’entourage artistico di cui si circonda l’artista campano grazie agli attori che mettono in scena il video del singolo, “Ordine”, tra cui citiamo Lucia Ocone, Maya Camerini e Arcangelo Jannace.
Che dire, “Poetry” non è certo un disco consueto per il panorama dello Stivale. Attingendo da fonti letterarie composte appositamente per essere poi musicate, di fatto, stravolge le mode del citazionismo che stanno iniziando a diventare davvero anacronistiche ed arcaiche, più che altro per il senso di vissuto che evocano o la poca cultura “reale” di chi se ne avvale. Bene ha fatto dunque Valerio ad inventarsi questo stratagemma, completando poi l’opera grazie a un songwriting che non trascura mai gli arrangiamenti e la costruzione dei brani. Nessuno di questi, difatti, risulta convenzionale, dozzinale o insipido, sorvolando o evitando di affrontare tutte le classiche dinamiche del cantautorato dei “quattro accordi”. Quando un disco passa ad essere un’opera d’arte e non solo un album, si può dire un successo.