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Archive for the ‘ETICHETTA: Emi’ Category

Recensione a cura di ANDREA MARIGO
ETICHETTA: EMI
GENERE: Ambient, post-rock

TRACKLIST:
1. Ég Anda
2. Ekki Múkk
3. Varúð
4. Rembihnútur
5. Dauðalogn
6. Varðeldur
7. Valtari
8. Fjögur Píanó

Voto 4.5/5

I campi e i monti
sottratti dalla neve
è il nulla.
Joso Naito

La letteratura giapponese consegna dei particolari componimenti poetici, gli Haiku, che  rappresentano un lato fondamentale dellʼ essenza più profonda della loro cultura,  attraverso una poesia infetta di inadeguatezza, per quanto concerne lʼ uso del linguaggio.
Si tratta di concezione Zen applicata al componimento, dove lo scopo è quello di riportare  il linguaggio alla sua essenza pura.
Lʼ intento è quello di condurre ogni manifestazione della realtà allʼ esaltazione, attraverso  la scarnificazione del razionale per arrivare ad una pienezza dove lʼ essere (uomo) si  fonde con essa (la natura).
Il vuoto è il modo più valido per rappresentare lʼ essere in Giappone, lʼ essere è colui che  sta nel vuoto, che non riempie.
Cʼè molto di tutto ciò nel nuovo lavoro della band di Reykjavik: lʼ esaltazione di ogni  singola sfumatura sonora che riporta ad una concezione di armonia pura.
Levati i passaggi più solari e ritmati dal suono pop degli ultimi due album, i Sigur Ros  ritornano alle sonorità tipiche dei primi lavori, rischio che può condurre lʼ ascoltatore a  pensare alla scelta di una soluzione “comoda”, ma con più attenzione, si nota come lʼ
approccio sia totalmente differente, con soluzioni meno post-rock e più ambientali/orchestrali.
Le tracce di Valtari sono perfette colonne sonore dei più preziosi e precari stati dʼ animo,  marchiati ad hoc dal tipico sound nordico che i Sigur Ros stessi hanno mostrato al mondo.
Fjögur Píanó chiude lʼ album con una nuova prospettiva per la band, brano che strizza lʼ occhio ai componimenti di classica minimale di Sakamoto.
Che sia solo un caso?

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ETICHETTA: Emi
GENERE: Pop italiano

TRACKLIST:
1. Eden
2. Serpente
3. Il Diluvio
4. Prodotto Interno Lurido
5. Benzina Ogoshi
6. Sul Sole
7. Quando
8. Istrice
9. Tra Gli Dei
10. La Funzione
11. L’Angelo
12. Subvolley (Inno dei Mondiali di Pallavolo)

Loro e il loro fottutissimo modo di attirare sempre l’attenzione.
Loro e il loro fottutissimo pop che ti prende in maniera irreparabile.
Loro e la loro mania di commercializzarsi sempre più senza perdere mai la loro personalità.

Sarebbe così il modo migliore di recensire Eden ma forse una delle uscite più attese del duemilaundici merita qualche parola di più. Uno spreco che mi posso permettere.
Samuel Romano e soci sfornano, in verità, un disco CRIMINALE. Criminale perché distrugge il concetto di pop che abbiamo creato negli ultimi anni, dove il rock si è affievolito fino a diventare un miscuglio inverosimile di melodia e ipocrisia discografica; criminale perché non inverte nessuna rotta, né cambia niente all’interno di un percorso che i Subsonica non hanno mai smesso di seguire; criminale anche perché, di nuovo, come L’Eclissi e Terrestre, dividerà la critica e il pubblico.
Eden è, sotto sotto, un bel disco. Il problema è che bisogna capirlo e superare la delusione che risiede soprattutto nelle linee vocali di Samuel, spompe e molto meno melodiche del solito, devastate da uno stile che gli appartiene talmente tanto da essere diventato parte di una cultura difficile da mantenere nel tempo. Un po’ come se fosse diventato ovvio quello che canterà nel prossimo disco e, diciamoci la verità, è proprio così. Altro problema è stata la scelta dei primi due singoli: la title-track, uno dei migliori brani dal punto di vista musicale, arrangiata benissimo seguendo la traccia del loro tragitto dance-pop che a noi piace molto, non attacca come estratto radiofonico, così come Istrice, incredibilmente scarica e priva di carica emotiva/emozionale. Belle, però, le liriche.
Nel disco anche ritmi indiavolati che infervoreranno i tanti fans ai concerti che li attendono al varco: vedasi “Il Diluvio”, che ricorda molti episodi già sentiti, “La Funzione”, che però sembra quasi un versione velocizzata dei Baustelle e, per fare un gioco di parole, funziona molto poco. Nel testo parla di “esitazioni” e infatti è proprio un brano-esitazione all’interno della loro carriera, sembrando quasi paradigma di un’insicurezza che si portano dietro da tempo.
Il resto è bello: la sboccata malinconia di alcuni testi, le scelte lessicali che sono sempre state efficaci (“L’Angelo” e “Benzina Ogoshi” tra le più “tipiche”, anche se quest’ultima si fregia di un’autoreferenzialità che mette in gioco troppe vanterie, criticando a sua volta chi ha sempre voluto giudicare una band che comunque non può pretendere di non ricevere giudizi negativi viste le scelte azzardate che ha intrapreso molto spesso), una produzione OTTIMA e pulitissima, che renderà benissimo soprattutto nei live set. Delude sotto certi punti di vista la svolta parapolitica che li contraddistinguerà ancora di più come band comunista che, oggi, è diventata quasi un’offesa da parte delle destre che ci ritroviamo. Non che me ne freghi qualcosa, giacché il sottoscritto ama le band schierate, ma a volte sembra che la freddezza tipica della timbrica di Romano sia repellente alle frasi di stampo politico.

Se diamo una controllatina a quanto abbiamo detto il verdetto è presto fatto. I Subsonica hanno rischiato di deluderci e non l’hanno fatto, per l’ennesima volta. “Non sei riuscito a darci un taglio”, Samuel, e infatti la tua parlantina nei testi delle canzoni ti ha salvato di nuovo il culo, grazie comunque al contributo musicale degli altri che è senz’altro determinante a questo punto della loro carriera.
Chissà dove arriveranno? Forse è questo il punto fermo prima della discesa?

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