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Archive for the ‘ARTISTA: The Disappearing One’ Category

Li abbiamo recensiti, qui, qualche settimana fa. Fabio si è prestato a qualche domandina per noi, ecco la conversazione.

1. Ciao amici di The Disappearing One. A The Webzine abbiamo apprezzato molto la vostra musica e abbiamo deciso di intervistarvi. Una domanda banale per iniziare e per introdurre i lettori al vostro progetto: potete spiegare la genesi della band?
 
F: Ciao a tutti, sono Fabio e sono voce e chitarra del gruppo. Inizialmente scrivevo ed arrangiavo le mie canzoni da solo, per puro piacere e “studio”, nella mia cameretta. Marco Normando (basso) ascoltò le canzoni dalla mia pagina MySpace (bei tempi) e mi contattò proponendo di mettere su un gruppo per suonare quelle canzoni e registrarle come si deve, in uno studio. Così è iniziato tutto, fino ad arrivare all’attuale line-up con Andrea Freschi (chitarra elettrica) e Andrea Gallicola (batteria).

2. Pensate che il vostro nome abbia un legame con la vostra musica?
 
F: L’ho adottato sin dai tempi delle demo fatte in cameretta. Era per me uno pseudonimo che descriveva una dinamica che spesso capita nei rapporti con le persone: All’improvviso, quando cambiano gli interessi o quando non si ottiene il risultato che ci si era prefissati da un rapporto, le persone semplicemente scompaiono. Alla fine, formata la band, decidemmo di tenere il nome. Ma non ha un vero e proprio legame con la musica che facciamo. Eppure, resta attuale per moltissime ragioni. Ce lo sentiamo cucito addosso ormai.

3. “Several Efforts for Passionate People” è davvero un manifesto di ciò che sono i The Disappearing One o pensate che ci sia ancora molto da scoprire di voi, magari con futuro materiale di cui, se volete, potete darci qualche anticipazione?
 
F: Quel disco ci rappresenta molto, sebbene le canzoni fossero ancora quelle che ho scritto da solo negli ultimi anni. Eppure tutto il “concetto” del disco, il suo filo conduttore, rappresenta in qualche modo un nostro manifesto. Rappresenta la nostra storia come musicisti che si nutrono di passione e che non fanno musica per soldi. Rappresenta tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora per rimanere in piedi e non farci buttare giù da tutto quello che, in questo campo, ci circonda e ci rema anche contro. 
Per quanto riguarda la musica, in realtà la band è in continua evoluzione dal punto di vista compositivo. Abbiamo già pronto il prossimo disco, che sarebbe per noi il terzo “ufficiale”, diciamo così. Tra un disco e l’altro, infatti, abbiamo registrato degli Ep che ci sono serviti ad amalgamarci come gruppo che scrive le canzoni insieme. E il terzo disco sarà composto da 10 canzoni che, partendo da un’idea di base iniziale molto scarna (principalmente mie e di Andrea Freschi) sono poi passate attraverso la scrittura corale in sala prove. Possiamo dire, in definitiva, che il prossimo disco sarà davvero un disco “collettivo” dei The Disappearing One.

4. Cosa deve aspettarsi un vostro fan o un semplice curioso da una vostra esibizione dal vivo? 
 
F: Tante “canzoni”. Da questo punto di vista siamo abbastanza “basic”, nel senso che non prepariamo cose prima di suonare, oltre alla scaletta, quando ce ne ricordiamo!!! Quello che intendo è che i nostri concerti non sono pensati a tavolino, seppure restino il frutto di tante ore di prova in sala. Ma nulla di preparato, nulla di studiato a tavolino. Certo, quando possiamo, cerchiamo di curare il set. Portiamo in giro delle immagini di artisti che le concedono in free sharing, e ci piace proiettarle dietro di noi mentre suoniamo. In alcuni periodi abbiamo portato in giro delle luci nostre, ma sempre tutto molto artigianale e per il gusto di “vestire” al meglio le nostre canzoni. Proviamo ad interagire con il pubblico, ma quella è una cosa molto complessa da realizzare, soprattutto in alcuni luoghi in cui il “pubblico” in realtà si trova lì per caso e solo per mangiare un panino con gli amici. In quel caso il gruppo può essere addirittura un fastidio. In quei casi proviamo a chiudere gli occhi e ad estraniarci un minimo, per provare a non perdere concentrazione e quel minimo di magia che si crea suonando. Quella magia che mal si lega con i discorsi del gruppo al primo tavolo, che organizza la prossima vacanza al mare oppure conversa amabilmente sull’ultimo rigore inesistente dato alla Juve! 🙂
 
5. Come nasce una canzone marchiata The Disappearing One?
 
F: Fino a qualche mese fa le canzoni nascevano principalmente in camera mia, chitarra acustica e voce. Poi, come accennavo, per pure divertimento le arrangiavo completamente suonandole da solo. Adesso però abbiamo avuto un approccio diverso, partendo da un’idea iniziale molto basilare, per poi lavorare tutti insieme alle strutture, agli arrangiamenti e a tutto quello serve per trasformare l’idea iniziale in una canzone finita.

6. Quanto sono fondamentali i social network per un musicista, secondo voi? Che esperienza ne avete avuto in questi ultimi tempi? Pensate che si possa cambiare qualcosa per renderli migliori a livello di promozione musicale?
 
F: Usiamo tanto internet per veicolare la nostra musica in maniera veloce e anche economica. I siti che preferiamo, però, alla fine non sono dei veri e propri social. I nostri preferiti restano BANDCAMP e VIMEO. Da poco abbiamo rinnovato il nostro sito internet, e ne siamo molto contenti (www.thedisappearingone.com). Certo usiamo molto anche facebook, soprattutto per la parte “promozionale” degli eventi. Ma è un momento transitorio per noi, e sebbene l’immediatezza che offre questo mezzo sia evidente, ultimamente ci sembra un pò saturo e quindi anche meno efficace. Il rischio che si corre è quello di essere “invasivi” o risultare addirittura antipatici nel momento in cui si posta troppo spesso la roba nostra o qualche nostro evento. Il punto fondamentale, credo, è che il 95% degli utenti di Facebook non sono lì per la musica o per avere suggerimenti culturali/informativi, ma per ben altro. Si tratta di scelte personali ovviamente. Abbiamo conosciuto ed interagito con persone molto curiose ed attente, e questo è un bene per cui siamo grati. Ma può risultare anche frustrante avere meno attenzione di qualsiasi gatto che scorreggia o di un qualsiasi pulcino idiota. Dopo un pò ci si stanca di sentirsi come chi urla nel deserto.
 
7. Qual è il vostro rapporto con la stampa musicale? Inutile o essenziale? Acculturata o ignorante? Vi ha capito o no?
 
F: Con questo secondo disco autoprodotto “several efforts for passionate people”, siamo entrati nella scuderia “seahorse recordings”che ci ha offerto un ufficio stampa, ad un certo prezzo ovviamente. Prezzo che rientra nella parola “autoproduzione” (leggi: abbiamo pagato noi) e che abbiamo affrontato, come sempre, usando il nostro fondo cassa accumulato con i “rimborsi spesa” dei nostri concerti. Bene, questo ufficio stampa ha prodotto un comunicato dell’uscita del disco e delle recensioni (oltre a dei passaggi e delle interviste in radio locali). Non siamo giovanissimi, e quindi siamo cresciuti con la cultura della recensione. Eravamo curiosi di leggere le opinioni di chi fa critica musicale per mestiere. Crediamo sia ancora utile come confronto e, ovviamente, come mezzo promozionale. Alcune recensioni, secondo noi ovviamente, hanno completamente colpito nel segno, capendo quello che intendevamo trasmettere con questo disco. In altri casi invece non siamo stati capiti, o semplicemente non siamo piaciuti. Ma quello rientra nel discorso dei gusti personali, e quindi non si discute!

8. Se volete pubblicizzare qualche vostra data vi lasciamo questo ultimo spazio, magari ricordate anche i vostri link dove ascoltare qualcosa o leggere qualcosa di voi. A presto e grazie. 
 
F: Nota dolente. Purtroppo l’agenzia di booking che la nostra etichetta ci aveva procurato ha chiuso. E’ un periodo difficile, forse il più difficile degli ultimi decenni, per la musica dal vivo nei locali. Certo ce n’è tanta ancora di musica dal vivo, ma la proposta ormai si riduce alle Tribute Band, al Karaoke o ai soliti noti che suonano ovunque. Se non entri in certi “circoli” non suoni, se non sei amico di chi decide non suoni, se non sei abbastanza alternativo non suoni, ecc.ecc.ecc. 
In ogni modo, speriamo che la nostra etichetta risolva il problema, trovando un’altra agenzia di booking. Noi intanto siamo stufi di inseguire proprietari di locali poco umani, e direttori artistici improbabili. L’unica soddisfazione è vederli scomparire piano piano tutti. Gli unici “disappearing” che ci fa piacere si tolgano dai paraggi. Pertanto abbiamo deciso di fermarci con i live, a meno che non ci invitino persone per bene e a condizioni non disumane ed indegne. Ci piace suonare dal vivo più di ogni altra cosa, ma ancora di più ci piacciono il rispetto per le persone, l’educazione, la serietà e la lealtà.
E’ comunque possibile aggiornarsi sulle nostre date, nel caso ce ne sia la voglia, sul nostro sitowww.thedisappearingone.come oppure sul nostro profilo facebook.
Per ascoltare e scaricare (gratuitamente) la nostra musica, invece si può andare sul nostro profilo Bandcamp www.thedisappearingone.bandcamp.com
GRAZIE a voi e a presto

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ETICHETTA: Seahorse Rec.
GENERE: Indie pop

TRACKLIST:
1. Two Ways Efforts
2. Eyes Closed in the Sun
3. The Time Has Fallen
4. Borders Ride
5. KMY
6. Vince
7. 57 Hurts
8. Looking for Specials
9. Stop, Think and Talk
10. Ask More
11. Not Yet, Not Yet
12. Everything Is Choice
13. The Pale is Past

The Disappearing One è un nome che si sta innalzando alto nell’universo dell’indie pop italico di stampo brit. Tra Stone Roses, sentori di Pete Doherty e i suoi Babyshambles più tranquilli e il fantasma dei Pulp, linguaggi semplici misti ad un tiepido grado di dialettica cervellotica, pieno di divagazioni sociologiche che danno filo da torcere a chi ha voglia di ascoltare musica semplicemente, obbligando tutti a dare un senso ai brani (il titolo “Stop, Think and Talk” della nona traccia è rivelatore in questo senso).
Several Efforts for Passionate People risponde ad una precisa esigenza del pubblico europeo degli ultimi tempi: il desiderio d’imitazione di una scena, quella britannica, ritenuta da decenni la più prospera, fruttifera e dignitosa. “Ask More” e “Looking for Specials” sono ballate all’acqua di rose che nascondono, neanche troppo bene, l’origine beatlesiana; “Everything is Choice” è sempre tipicamente britannica, ma dalle parti più eighties di un funk rock ballerino; “The Pale is Past” è tra i Pink Floyd e i Flaming Lips un manifesto di soffocata psichedelia. Validi anche i tentativi di uniformarsi al contesto odierno del cosiddetto “indie”, come in “Vince”, senza però rifarsi alle derivazioni punk e new wave sbiadite e sbilenche che stanno copiosamente riproducendosi in maniera distruttiva per la scena.

Sia il songwriting che l’esecuzione risultano maturi al punto giusto, con arrangiamenti studiati in maniera da lasciare la complessità ai momenti marginali dei brani, che hanno tutti un cuore squisitamente radiofonico. La banalità non è di casa nei The Disappearing One, che dai linguaggi triti e ritriti sopracitati tirano fuori solo quanto basta per collegarsi a essi riscrivendone gli sviluppi a proprio piacimento. Originali, quindi, piuttosto che derivativi. A Seahorse saranno contenti di sapere che questo sarà, probabilmente, uno dei dischi dell’anno.

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