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Archive for the ‘ETICHETTA: Psicolabel’ Category

ETICHETTA: Psicolabel
GENERE: Alternative rock, rock cantautorale

TRACKLIST:
1. E.C.G.
2. L’Ordine Naturale delle Cose
3. La Routine dei Guanti
4. Grave
5. Torino
6. Fine Marzo
7. Tremore #3
8. Milano
9. Tremore #2
10. La Mia Città E’ Morta

Operaja Criminale, dal nome, sembra una di quelle band iperpoliticizzate che imperversano nel circuito underground ancora piuttosto vivace dei centri sociali, talvolta ottime, altre, purtroppo, gonfie di clichè vergognosi e fuori tempo massimo. Nel loro caso, nonostante la presenza di Giorgio Canali che per i suoi trascorsi ferrettiani è spesso accomunato a visioni politiche estremistiche (e soprattutto per le liriche della sua produzione solista), società e politica sono assolutamente presenti, filtrate da uno sguardo viziato da quella voglia di raccontare in termini semplici ma efficaci tipica del cantautorato, della musica di protesta dell’epoca beat o dal folk polemico e impegnato da essa scaturito. L’impronta generazionale si sente però più che altro negli affondi continui alle città (Roma, Torino e Milano) nominate nei testi, che sono dipinte come dei mondi informi ma contemporaneamente ben delineati, in grado di essere musicati con distratte pennellate di veemenza rock tipicamente italiana. Luoghi/non-luoghi che ci contengono e circondano, ma che morirebbero senza l’uomo. Pur se i toni volgono verso una certa dolcezza, senza mai scadere nel mellifluo, la più energica dal punto di vista espressivo è “Torino”, mentre “La Mia Città E’ Morta”, come il tratto definitivo di un lungo e difficile disegno, o il passo finale di una camminata lungo un sentiero impervio e faticoso, conclude degnamente un viaggio che si può comprendere solo se esaminato come un’unica opera, una sorta di componimento epico che unisce morale didascalica e l’urgenza di dire la propria riguardo alcuni argomenti, come il lavoro, i rapporti umani e il tempo che passa inesorabile. “E.C.G.” apre Roma, Guanti e Argento con la delicatezza decadente di un Canali che manifesta la sua presenza più che altro grazie a quel sentimento di avversità politica che lo accompagna un po’ dovunque, comunicando anche il peso della sua ingombrante figura di importante personaggio musicale, che dona lustro ad un progetto come questo che però, bisogna dirlo, non dev’essere considerato solo in virtù della sua partecipazione ma vive di luce propria. Sentire la ballata coscienziosa e malata, al contempo dorata e sbiadita, dedicata a “Milano” ricrea sicuramente un’atmosfera di affetto, quasi un flebile tremito di coinvolgimento emotivo che chiunque ha visto almeno una volta il capoluogo lombardo riuscirà a sentire proprio. Una riedizione stanca, ineffabilmente caotica ma romantica della Buenos Aires “che non dorme mai”.

La forza di un disco carico, maturo e completo risiede proprio nelle parole, mentre le musiche, altalenanti tra l’accompagnamento cantautorale e l’alternative nostrana, confezionano a dovere un prodotto dove collera e lieve poesia convivono senza stridere. Ed è questo a renderlo (quasi) perfetto.

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