ETICHETTA: 42 Records
GENERE: Dance pop, indie pop, alt pop
TRACKLIST:
1. Theme from the Cameretta
2. Hipsteria
3. Door Selection
4. Velleità
5. Le Coppie
6. Il Pranzo di Santo Stefano
7. Post Punk
8. Roma Nord (feat. Cris X)
9. I Pariolini di Diciott’Anni
10. Perdona e Dimentica
11. Wes Anderson
La collocazione più generica possibile sarebbe quella più adatta per un disco come Il Sorprendente Album d’Esordio dei Cani, icona insormontabile di una discografia da anni zero (e relativo post), preoccupata sempre più di emanciparsi dalle categorie più in voga (new wave, indie, pop, e sempre più inopportune concatenazioni e derivazioni) ma ben concentrata sul valore dei testi, diventati strumento di comunicazione potente per individuare una base di fan in quanto a generazione, contesto e gusti musicali. Ci sono riusciti, in ordine sparso, e con indici di gradimento diversi: Bugo, Dente, Brunori Sas, Le Luci della Centrale Elettrica (criticato in uno dei testi), Edipo, e molti, molti altri. Riferimenti alla contemporaneità tecnologica da social network, alle vere e proprie sovrastrutture dominanti che sono televisione, internet e musica, e alla quotidianità più liquida e sgangherata, sono all’ordine del giorno nel “nuovo cantautorato”, e anche se non si può parlare di cantautorato, I Cani arrivano, anzi arriva (il cane è uno solo), nel momento buono per approfittarne.
L’hype iper-confezionata che è stata cucita loro addosso ancora prima dell’uscita del “sorprendente album d’esordio” ha già, scusatemi il francesismo, rotto i coglioni, e non si può assolutamente gustare un disco con una pubblicità a scatola chiusa fatta in questa maniera, sfruttando in maniera devastante ogni possibile canale online per massacrare la popolarità di un artista prima ancora che esca: non stiamo ad individuare il colpevole, passiamo piuttosto alla musica, augurandoci che il cattivo esempio dell’eccesso di attenzione che ha contribuito a rovinare le carriere soprattutto di Ministri e Vasco Brondi, non prosegua nel martoriare anche quella del romano.
La densità di qualità del disco è notevole, ci sono delle derive post-punk assolutamente eighties all’interno del sottosuolo musicale, che però non è, come dicevamo, l’attrattiva principale di questo lavoro: sintetizzatori lobotomizzati ma fortemente dance sottostanno in maniera quasi barocca (e per niente originale, si possono intercambiare tutti i testi con tutte le canzoni, grazie anche alla banalità delle linee vocali) ai testi, vero fulcro dell’album.
Le interpretazioni che si possono dare di queste liriche sono due: un tentativo di sparare su tutto e tutti, in pieno stile dissing da rapper, in modo da piacere a tutto e tutti, oppure un tentativo di parlare di tutto e tutti, per piacere ancora di più a tutti quanti. Se fosse la prima, sarebbe difficile capire il perché, e infatti si propenderebbe più per la seconda perché in una bolla di qualunquismo evidente grattata da parole graffianti e gonfie di significato ci siamo tutti noi: i “pariolini” rappresentano ben altro che semplici abitanti di un quartiere di Roma, i nati nei vari decenni citati in “Velleità” sono un po’ in confusione cronologicamente ma in tanti ci si possiamo riconoscere, e così potremo estendere la cosa anche ai vari innamorati che saranno sicuramente interessati a verificare l’attendibilità delle statistiche citate in “Le Coppie”. Il risultato è un disco in realtà molto fighetto, hipster anche se contro gli stessi hipster si scaglia, dove brani come “Il Pranzo di Santo Stefano” e “Wes Anderson” sono riempitivi belli e buoni, seppur centrali per la comprensione della confezione come un avvenimento unico nel nostro duemilaundici musicale.
Un approccio polemico a tutto, si sa, piace, ed è proprio questo il modo che ha “il cane” per sfondare le porte aperte della critica sociale intesa come critica alla massa. Che poi più di critica, si debba parlare di apprezzamento condizionato dalla voglia di distinguersi, questo è ovvio.
Ora riempite questo progetto di attenzione, baciatelo, lustrategli le scarpe e sommergetelo di premi: se resisterà a questo bombardamento mediatico completamente usurante, avremo un vero genio, ma lo scopriremo solo dal secondo disco. Il “sorprendente esordio” di sorprendente ha solo il numero di articoli prodotti prima e dopo la sua uscita, ma tolta la cortina di fumo talmente patinato da perdere la sua tossicità naturale, ci rimane un disco di sicuro interesse per un pubblico molto largo e distinto. Ci vediamo al tour invernale?
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